L’età d’oro di Giustiniano

Abbiamo visto la trasformazione da un centro urbano greco-ellenistico chiamato Bisanzio, in un centro urbano che diventa capitale dell’impero romano d’oriente, cioè Costantinopoli nel IV secolo, abbiamo anche visto che un secolo prima inizia un processo di romanizzazione con Septimnio Severo (che da la forma definitiva alla parte iniziale della città di Costantinopoli); con costantino inizia un forte processo di monumentalizzazione dello spazio urbano con la costruzione del grande palazzo (che è una aggregato di palazzi) e una serie di spazi collettivi e pubblici (che hanno indicato l’andamento principale della città); con Costantino il cristianesimo diventa una religione libera e con Teodosio diventa la religione di stato e principalmente con Teodosio II si avvia un processo di cristianizzazione della stato e della capitale. 
Con Giustiniano inizia un periodo importantissimo per l’architettura, infatti con lui inizia una radicale innovazione del linguaggio architettonico e dell’uso della struttura architettonica (intesa come tecnica costruttiva) senza precedenti, arrivando alla costruzione di Santa Sofia; inoltre questi temi ci permettono di affrontare l’evoluzione di schema progettuale di un’edificio (ovvero quale è il concetto di base che definisce una architettura, dal punto di vista spaziale), poi i materiali costruttivi, la tecnica costruttiva e nel concetto spaziale come vengono utilizzati due temi fondamentali, ovvero la luce ed il colore; nel caso di Santa Sofia (che analizzeremo alla fine del percorso) vediamo come  esista un’equilibrio tra le proposte compositive e progettuali e le tecniche costruttive, nello stesso tempo notiamo come l’uso dei materiali e delle decorazioni tende a smaterializzare la materia. 
Ma prima di vedere le realizzazioni giustinianee vediamo gli interventi che Giustiniano attuò principalmente nella parte centrale della città; infatti l’imperatore cercò di recuperare una serie di strutture (come il circo, il grande complesso palazziale e le stesse santa Irene e Santa Sofia) che furono distrutte nella rivolta del 532, con la quale Santa Irene, Santa Sofia e gran parte del palazzo vengono dati al fuoco, quindi durante l’impero di Giustiniano ci troviamo di fronte ad un processo di ricostruzione e di rinnovamento urbano. Costantino quindi comincia a ristrutturare gran parte degli edifici che sono stati distrutti (come le terme o l’ingresso del palazzo, chiamato chalkè, il senato e la piazza Augustana, nella quale interviene con l’inserimento di una colonna monumentale), mentre Santa’Irene fu la cattedrale della città costruita da Costantino, Santa Sofia, era stata costruita da Costanzo II (figlio di Costantino) e consacrata nel 360. 
Giustiniano inizia il suo intervento nell’area centrale (a differenza di tutti i suoi predecessori che invece puntavano sullo sviluppo della città lontano dal centro), riformando quell’equilibrio tra il polo religioso (costituito sa Sant’Irene e Santa Sofia), quello imperiale (costituito dal palazzo) e l’ippodromo (luogo di incontro tra la gente e l’imperatore); inoltre mantiene l’importante asse costituito dal mesè, cercando di recuperare gran parte dei negozi. 
Fondamentale intervento di Giustiniano, di cui parleremo, è l’introduzione di un linguaggio architettonico che utilizza fortemente l’elemento cupola (si parla di una città con mille cupole), un’elemento che rappresenta un’edificio pubblico. 
Abbiamo parlato delle trasformazioni della zona centrale della città, ebbene la piazza che si trova nei pressi di Santa Sofia si trasforma e diventa una vera e propria piazza reale, grazie all’inserimento di una colonna (che ha un forte connotato politico in quanto è le statua è rivolta vero i persiani, nemici dell’impero), alta quaranta metri; si tratta dell’intervento più importante di caratteri civile. 
La sua attenzione è concentrata su edifici religiosi, però prima bisogna fare un passo indietro al periodo di Costantino, abbiamo visto che le sue intenzioni erano quelle di creare una città imperiale non cristiana, ma le fonti ci confermano la presenza di cinque chiesa fatte da lui (San Mocio, Sant Acacio, che sono chiese martoriali dedicate ai santi locali e poi Sant’Irene e la chiesa dei Santi Apostoli; in realtà c’era anche Santa Sofia, anche se è stata realizzata da Costanzo II). 
La prima chiesa di Santa Sofia venne realizzata da Costanzo II, come vedremo, ha tutti gli elementi canonici di una basilica cristiana (anche se in realtà la basilica è una tipologia romana pre-cristiana, che non aveva un carattere definito), i romani diedero questa forma di base, con un’atrio (o peristilio, con al centro una fontana per le funzioni religiose), uno spazio porticato che precede la sala di preghiera (che si chiama nartece), dopo entriamo in uno spazio con sviluppo longitudinale (perché per le processioni e le funzioni del cristianesimo era importante avere un percorso) con tre o cinque navate, quella centrale era più grande delle laterali; questo percorso porta ad un’abside; ora nelle chiesa costruite da Costantino a Roma è presente uno spazio che precede l’abside ed attraversa perpendicolarmente le navate (si chiama transetto); questa è la struttura di una basilica cristiana. 
All’esterno di una basilica di questo tipo vediamo l’abside sporgente, questo è un tratto distintivo del linguaggio di Costantinopoli, in particolare l’abside poligonale esterno e semicircolare all’interno. 
Il percorso che andremo adesso ad analizzare (attraverso una serie di esempi) si può riassumere analizzando la chiesa progettata da Costanzo II (che poi venne distrutta) possiamo notare le differenze con l’intervento di Giustiniano, avviene un processo significativo, mentre tra il IV e V secolo la tipologia preferita era quella a tre o a cinque navate, con il IV secolo inizia un processo che tende a trasformare l’impianto della basilica da longitudinale a quadrato. Teodosio riprende elementi monumentali dell’architettura romana e gli usa per la facciata della chiesa; rimandi all’architettura romana antica, compresa la forma del capitello, questo è importante perché durante Giustiniano tutti questi elementi vengono profondamente trasformati.
La chiesa dei Santi Apostolo
la prima novità che osserviamo è la pianta a croce greca (ovvero con tutti i bracci uguali), cui era annesso un mausoleo (che era la tomba di Costantino); le cupole cinque che vediamo al di sopra della copertura sono un’intervento di Giustiniano, perché per un incendio viene distrutta e completamente ricostruita nel VI secolo. Ora per capire meglio come era fatta la chiesa dei Santi Apostoli dobbiamo rivolgersi alle fonti storiche, le quali dicono che Giustiniano ha costruito ad Efeso la chiesa di san Giovanni, su modello della chiesa dei Santi Apostoli (aggiungendo un’altra campata)
Come abbiamo detto Giustiniano aveva concentrato tutte le sua attenzioni su architetture militari, in quanto l’imperatore aveva l’intenzione di riconquistare tutti i territori che erano andati perduti a seguito del crollo dell’impero romano d’occidente; questo tentativo determina per esempio la piccolezza delle città rispetto a quelle precedenti; anche a Gesusalemme Giustiniano costruisce un chiesa Nea a tre navate, con abside nascosto.
Analizziamo adesso i materiali e le tecniche costruttive, questo studio è importante perché attraverso l’uso di materiali diversi in modo specifico possiamo capire se si tratta di una architettura bizantina o meno. I conci di pietra e mattoni uniti con malta sono i materiali principalmente usati dai bizantini (come abbiamo visto nelle mura di Costantinopoli), in genera partendo dal piano terra fino ad una altezza di 1,80 usavano conci di pietra, poi una serie di mattoni (5-6 filari) e continuavano sino a coprire una facciata completa.
L’uso del mattone è un’elemento importantissimo, che diventa fondamentale nel mondo bizantino per la costruzione di archi, volte e cupole, mentre per i pilastri e le colonne si utilizza il marmo. Il mattono diventa importante perché per costruire volte a crociera, a vela e le cupole (e altre) elemento fondamentale che funge da modulo è il mattone, che diventa fondamentale nella costruzione di una cupola, infatti per la costruzione di cupole di grandi dimensioni bisogna utilizzare le nervature (che rafforzano la struttura della cupola, nel caso di Santa Sofia abbiamo quaranta nervature).
L’edilizia bizantina si distingue in due categorie:
quella basata su conci di pietra, caratteristica della siria-palestina, di gran parte dell’asia minore e delle regioni di confine dell’armenia e della georgia; e quelle di mattoni e pietrisco, tipica di Costantinopoli, balcani e dell’Italia, cioè l a tradizione centrale dell’architettura bizantina, fasce alternate di pietre e di mattoni: le due fasce esterne formate da conci (pietre), squadrate oblunghi disposti in filoni orizzontali: lo spazio interno venica.
Abbiamo parlato della tipologia della basilica e della chiesa dei Santi Apostoli di Costantino; con la chiesa di Sant’Eufemia troviamo una struttura completamente nuova, infatti la parte del palazzo (chiamata di Antioco) viene trasformata in una chiesa, che diventerà poi una tipologia nuova. Si tratta di un’esagono con cinque absidi semicircolari, sappiamo che nelle chiese d’oriente gli absidi erano orientati (sopratutto nei primi secoli) verso Gerusalemme o generalmente verso oriente; in questa direzione è inserito il Synthronon (che era la sala principale) una struttura che veniva utilizzata nella liturgia cristiana; è interessante notare che in questo spazio centrale ci sono quattro spazi intermedi, tra cinque semicerchi, di forma circolare; questa è una nuova tipologia (una tipologia che viene ripetuta a San Vitale a Ravenna). 
La chiesa di San Giovanni di Studio (452-453) si trovava lungo l’asse che portava verso la porta Aurea; qui possiamo vedere le prime trasformazioni, la pianta è una tipica basilica con andamento longitudinale che abbiamo visto, troviamo quindi il quadriportico (o atrio), il nartece, tre navate e l’abside poligonale sporgente all’esterno e semicircolare all’interno. La novità in questa chiesa consiste nel fatto che la navata centrale è più grande della somma delle due laterali, quindi la zona delle navate assomiglia sempre più ad un quadrato. Dall’esterno osserviamo l’uso dei materiali da costruzione (pietra e mattoni), che poi si riflettono anche nei muri interni, ma sopratutto l’abside sporgente, che diventa sempre di più un elemento caratteristico della architetture di Costantinopoli, inoltre per la prima volta troviamo l’uso delle aperture di grandi dimensioni in alto. Notiamo poi il disegno piramidale che da importanza alla porta principale di ingresso, che si affaccia sulla navata centrale, e quelle laterali, che portano alle due navate laterali; tutti elementi che pian piano preparano alla architettura religiosa successiva. La copertura è ancora in legno (il capitello riproduce ancora le forme dei capitelli antichi; anche questa forma sarà notevolmente cambiata con l’adozione il capitello a cesto, che ha forma di un tronco di piramide rovesciato con base inferiore circolare e base superiore quadrata, che permetteva un miglio appoggio dell’arco).
La chiesa di Santa Maria di Chalkoprateia (474-478) si trova nei pressi di Sant’Irene, è quasi una replica di San Giovanni di Studio, con lo stesso tipo di impianto basilicale; però presenta una novità, mentre nel caso precedente la navata centrale era uguale alla somma delle navate laterali, questa volta la navate centrale (costituita da sei colonne) è due volte la somma delle due navate laterali; inoltre a fianco della chiesa era presenta la cappella di San Giacomo costruita da Giustino II, con forma ottagonale con quattro nicchie semicircolari sulle diagonali e due rettangolari sull’asse trasversale; possiamo notare come pian piano la zona delle navate assume sempre di più la forma del quadriportico.
Arriviamo a San Polieucto (524-527); la chiesa venne commissionata dalla principessa Anicia Giuliana, la sua è definita da alcuni storici una rivoluzione, perché sino ad ora abbiamo visto che gli edifici basilicali avevano comunque una struttura coperta dal legno, in questo caso la struttura vien coperta da una volta o da una cupola (non si sa), si propende per la soluzione a cupola in quanto sono state trovate delle fondazioni della navata centrale di 7 metri (molto grandi), poi sono presenti una serie di contrafforti nel nartece, registriamo anche la presenza di capitelli a cesto ed infine la presenza delle esedre (che sono degli spazi semicircolari che normalmente arrivano a due piani, la loro funzione è in genere quella di distribuire il peso che arriva dall’alto in spazi vuoti). Si parla di rivoluzione perché qui tutte le strutture vengono riformate secondo una nuova concezione dello spazio, per esempio le colonne, i pilastri, i capitelli e addirittura le superfici di alcune pareti vengono scolpiti e smaterializzate attraverso la tecnica del traforo (attraverso la creazione di zone in luce e zone in ombra crea uno spazio molto più dinamico, creando delle sculture dinamiche); questa tecnica la troviamo per la prima volta in questa chiesa.
A partire da Giustiniano la fisionomia delle chiese assumono delle connotazioni e delle forme tipiche introdotte dallo stesso imperatore, per esempio nella sua città natale vediamo la costruzione delle chiesa di Iustiniana Prima (Garcin Grad, Serbia); le caratteristiche dell’impianto sono le stesse del mondo romano paleocristiano, però qui prima del quadriportico vediamo l’inserimento di un’altro elemento il primo viene chiamato eso-nartece, mentre quello legato alla sala con le navate endo-nartece; quindi se prima c’era lo spazio unico del nartece ora abbiamo due spazi divisi. Inoltre troviamo tre absidi, tra cui quello centrale più grande e poligonale all’esterno.
Nella chiesa di San Tito, della seconda metà del VI secolo (Gortyna, Creta), possiamo vedere l’incrocio di due volte a botte, che nello spazio centrale formano una struttura a crociera ed ancora in molte chiese del mondo bizantino sino al VII secolo troviamo la tipologia a cinque navate ma l’abside non è più sporgente; come nella chiesa San Demetrio (V secolo, rifacimento VII secolo, Tessalonica Pianta).
Arriviamo alla costruzione di una chiesa che molti storici considerano il presupposto più importante a Santa Sofia, si tratta della chiesa dei santi Sergio e Bacco (527-532). Si tratta di una chiesa costruita da Giustiniano, si trova nell’area del grande palazzo ed è una chiesa di carattere privato; presenta una caratteristica molto particolare, all’interno di un quadrato è inserito un’ottagono. Con questa chiesa ci troviamo di fronte ad un nuovo tipo, ovvero quello a doppio angolato, cioè non ci sono più le navate laterali e tutto lo spazio si concentra in uno spazio centrale e quindi la cupola diventa elemento fondamentale e caratterizzante tutta l’architettura, su quattro absidi ortogonali sono inseriti gli absidi e l’abside si trova di fronte ad un nartece senza il portico. Abbiamo detto che si tratta di una chiesa privata, anche se considerando le dimensioni non si direbbe, infatti la chiesa è di 42 metri ed introduce un nuovo tipo di cupola ovvero quella che viene chiamata ad ombrello. Ora per costruire una cupola serve una base circolare, in questo caso la soluzione è relativamente semplice, perché un’ottagono è vicino ad una base circolare della cupola; troviamo infatti otto pilastri e quindi si risolve attraverso l’inserimento di otto spicchi concavi (in corrispondenza degli spigoli) e otto spigoli assiali piatti (dove sono aperte le otto finestre nella curvatura della struttura), a due piani, gli absidi trifori cercano di alleggerire la struttura (considerando che molte strutture sono in marmo). Anche la funzione delle esedre è fondamentale, perché dal punto di vista del rito ortodosso lo spazio che si affaccia su quello centrale ma al primo piano (quindi la galleria) ha una funzione imperiale, cioè l’imperatore assiste alle celebrazioni da questo spazio. Anche qui troviamo l’uso dei capitelli a cesto, in particolare cesto polilobato.
Ci sono poi esempi intermedi anche non a Costantinopoli come San Lorenzo a Milano o ancora meglio San Vilate a Ravenna (530-547), il quadripotico è identico a quelli visti prima, il nartece ha due absidi semicircolari ai lati (che servono a vivacizzare il volume del prospetto esterno); lo spazio interno è formato da un’ottagono e tutti i lati dell’ottagono tranne quello che porta verso l’abside sono costituiti sa esedre trifori, mentre lo spazio che avvolge questo centrale forma uno spazio doppio angolato. Elemento fondamentale è la cupola che ha una forma particolare, ovvero all’interno si vede uno spazio cupolato mentre all’esterno riprende le tradizioni locali (mentre l’interno trae ispirazione dall’oriente, quello esterno ha una conformazione tipicamente paleocristiana).
Arriviamo a questo punto a Sant’Irene, come abbiamo detto Sant’Irene (insieme a Santa Sofia) venne distrutta durante la ricolta di Nika, una chiesa che fino al 360 era la cattedrale della città. Si tratta di una architettura interamente ricostruita da Giustiniano, per questo elemento fondamentale è la cupola, abside sporgente e due navate piccole; del quadriportico non rimane niente ma c’è ancora il nartece. Lo spazio interno è uno spazio tende ad essere centrale ma non riesce ancora ad esprimere questa forza, l’andamento è longitudinale (come quello di una basilica cristiana), compaiono le gallerie (che si affacciano sullo spazio interno) e proprio per la presenza della aperture delle gallerie sui due lati, assume una forma ancora longitudinale; l’esterno si caratterizza dall’abside sporgente e dall’alto tamburo.
Infine arriviamo a Santa Sofia, si tratta di una architettura massiccia con una crescita piramidale; nella architettura greca non è importante lo spazio interno ma solo quello esterno, in quella romana fondamentale è lo spazio interno come quello esterno, quella bizantina punta sulla soluzioni architettoniche e strutturali dell’elemento cupola ed il suo inserimento, che in questo caso avviene con l’inserimento di una serie di strutture esterne che portano alla formazione di una struttura piramidale. 
il sito della chiesa è molto importante, infatti si trovava dove erano prima costruiti i complessi palazziali, quindi per chi arrivava dal mare veniva questa enorme struttura, che viene realizzata durante l’impero di Giustiniano, il quale arriva a progettare questo edificio tramite un piano di cristianizzazione dello spazio urbano che tenta di concentrare in questa chiesa tutti gli esempi precedenti; gli architetti, Antemio di Tralle ed Isidoro di Mileto il Vecchio, (anche se in questo caso gli potremmo definire scienziati) devono risolvere un problema fondamentale, ovvero la sovrapposizione di una struttura che ha dei caratteri pregressi (ovvero il fatto di avere cinque navate) con una cupola, combinare l’impianto basilicale con la pianta centrale. 
Questo problema era accentuato dalle dimensioni enormi, si tratta di una rettangolo di 80,90 per 69,70 metri e di una altezza di 55.60 metri, diametro della cupola di 33 metri (una architettura così grandiosa non si era mai vista a Costantinopoli) e le navate laterali hanno una dimensione di 15 metri. Inizialmente c’era un quadriportico che adesso non esiste più, ma che in origine presentava una fontana; si arrivava poi all’esonartece e all’endonartece, infine la sala principale con la sua enorme cupola.
Problema fondamentale era costruire una cupola su quattro pilastri, esistevano tre possibili soluzioni che partivano tutte dall’individuazione di quattro grandi archi partono dai quettro grandi pilastri; la prima soluzione è quella di una volta a crociera, ma questo non è possibile perché le dimensioni della cupola sono estreme. 
Come abbiamo detto il problema era porre una cupola sopra un cubo, il mondo romano aveva già trovato una soluzione (anche se in architetture di piccole dimensioni) che si basa sull’utilizzo dei pennacchi (lo spazio delle arcate di base veniva riempito in maniera obliqua collegando un’arco all’altro, formano una base circolare); anche l’architettura orientale ed in particolare quella persiana, aveva trovato una soluzione per il passaggio dal quadrato alla base circolare, ovvero l’uso delle trombe (delle strutture agli angoli, tra cui vengono inserite delle murature che permette la realizzazione di un cerchio di base su cui viene appoggiata la cupola). 
Gli architetti di Santa Sofia prendono gli esempi persiani e il concetto del pennacchio dall’architettura greco-romana. 
Tuttavia resta il problema di risolvere le spinte sia nel senso longitudinale che nel senso trasversale, in un primo momento per risolvere questo problema su due lati opposti vengono inserite due enormi semicupole, che tendono a contenere le forze di spinta laterali. Ma dopo un terremoto, dopo circa ottanta anni, la cupola crolla (progettata da Antemio di Tralle ed Isidoro di Mileto il Vecchio) perché avevano risolto il problema delle spinte laterali solo in senso longitudinale. Per questo viene chiamano Isidoro di Mileto il Giovane (nipote di quello di prima), analizzando la struttura nota che ci sono due problemi, innanzitutto la cupola era molto ribassata, Isidoro alza di sette metri la cupola, sui due lati liberi fa costruire enormi contrafforti e nelle due semicupole si costruiscono altre due esedre per lato. All’interno si inseriscono i pennacchi, che dall’esterno non si vedono, sono pennacchi enormi danno un senso dello spazio molto unitario; al di sopra delle gallerie viene costruito un grande arco; le due semicupole danno un senso di longitudinalità all’impianto, però allo stesso tempo viene accentuato maggiormente lo spazio centrale attraverso l’inserimento delle gallerie che sono aperte verso lo spazio centrale e al di sopra delle arcate della galleria troviamo queste enormi strutture ad arco che viene chiamato timpano. Naturalmente la cupola è formata da molti materiali, che comunque hanno un peso enorme, che viene scaricato attraverso l’utilizzo di quaranta finestre che sono definite dalla presenza di quaranta nervature; le due esedre scaricano ulteriormente il peso della cupola verso il basso.
Analizziamo adesso le diverse fasi della costruzione, si parte da quattro enormi pilastri più quattro contrafforti sul lato trasversale, mentre sul lato longitudinale l’abside e quattro esedre trifori; i quattro pilastri più i contrafforti creano il passaggio per la galleria. Si impostano poi i quattro archi e le due semicupole e le quattro esedre, su questa struttura viene poggiata la cupola. Ora questa struttura ha bisogno di una secondaria dal punto di vista statico con il timpano, che crea una struttura unitaria.
Uno studio ha dimostrato come si può partire da un concetto semplice come la misura del quadrato di base, la quale viene riprodotta per definire la dimensione del timpano.
Le diverse concezioni che stanno alla base della definizione dello spazio interno, innanzitutto la luce, che in un’ambiente così grande deve anche riflettere la complessità dello spazio interno; per la luce sono due gli elementi che giocano un ruolo fondamentale nella definizione dello spazio, ovvero il colore e le superfici. Il colore in questo caso ha diversi compiti, mentre verso la cupola e l’abside assume la funzione di riflettere la luce, a livello della galleria e dei piani più bassi sono i marmi con diversi colori a dare un senso di uno spazio stabile; tutto questo da quel senso allo spazio della cupola, che viene definita da una fonte come una cupola appesa al cielo. 
Ora la tecnica del traforo copre in questo caso anche archi e intere superfici, creando una architettura festosa e dinamica; per questo viene molto usato il mosaico, che aumenta l’effetto della luce, mentre tutti i pavimenti sono coperti da marmo, per esempio dove c’era bisogno di più luce venivano usati marmi di colore più chiaro.
Anche l’arredo liturgico aveva una sua importanza, perché all’interno di uno spazio così grande anche gli arredi dovevano essere studiati bene; tre erano gli elementi fondamentali il Ambone, il Ciborio ed il Synthronon (che occupavano la zona corrispondente al presbiterio o l’abside nella chiese cristiane); tutte queste strutture erano coperte da oro ed argento; infine la funzione dei lampadari che mettevano in proporzione lo spazio della cupola con quello a terra e risolvevano al piano terra l’illuminazione.

Il palazzo imperiale di Spalato


La città si conserva in buono stato e gli interventi di restauro sono stati fatti con notevole sensibilità; la città attuale sorge all’interno del palazzo, quindi la presenza di queste strutture ha garantire la prosecuzione storica di questo centro; infatti dopo la morte di Diocleziano il palazzo diventa luogo di rifugio per le popolazioni che stavano attorno essendo molto fortificato. Diocleziano nel 306 d.C. decide di ritirarsi dalla vita pubblica e torna nella città natia di Spalatoto e la scelta muove da esigenze sentimentali ma anche altre cause (come era stato per Adriano con villa Adriana) contribuiscono ad orientare le scelte; come per esempio era molto vicina al mare ed la presenza di acque termali di cui Diocleziano faceva uso terapeutico. 
Fino alla metà dell‘800 la città era nota dal punto di vista storico per aver occupata il ruolo di sede imperiali, però i resti dell’età della tetrarchia erano nascosti dalle costruzioni successive e che avevano mutato in maniera sostanziale l’immagine della città (cioè la città della seconda metà dell‘800 si presentava con il borgo con forme architettoniche legate al momento in cui erano state costruite); l’occasione della riscoperta delle architetture romane è data dalla presenza di Ernest Evrald; un architetto francese che deve usare una borsa di studio soggiornando a Roma all’accademia di Francia, questi allievi venivano a Roma e alla fine del triennio dovevano presentare uno studio specifico di un’edificio; verso la metà dell’800 si incominciano ad aprire le frontiere e si dirigono verso altre destinazioni, quando Evrald vince il Gran Prix de Rome e si reca a Roma, decide di interessarsi di Spalato, interesse dovuto alle sue conoscenze letterarie ma sopratutto la sua conoscenza era mediata da disegni di Palladio (che era stato in visita e aveva redatto una serie di disegni, sopratutto del mausoleo del palazzo); altri si occupano di illustrare i resti, contribuendo alla conoscenza di questi resti.
Evrald comincia a studiare il sito, produce e riassume i risultati nella sua tesi e dopo continua a perseguire una via che riportasse alla luce i resti dell’antico palazzo; questo suo interesse riscontra un parere condiviso con le autorità locali che lo assecondano. Intorno al 1890 iniziano ad effettuarsi una serie di scavi, vengono abbattute molte strutture più recenti e si procede con una certa regolarità alla restituzione alla luce di queste strutture romane. Alla fine si è arrivati ad una conoscenza specifica del palazzo ed è stato possibile ricostruire l’impianto antico; certamente la parte del palazzo imperiale, che è quella meridionale, è quella più conservata a differenza di quella settentrionale; il circuito murario è chiaramente visibile anche ora e sono anche superstiti alcune delle torri che rendevano questo palazzo fortificato (sono torri che in origine erano disposte lungo i lati ad intervalli regolari, quadrate quelle normali e ottagonali quelli corrispondenti alle porte urbiche, perché il palazzo presentava quattro porte disposte lungo gli assi cardinali (nord-sud ed est-ovesr), che erano i punti in cui i due grandi assi viari incontravano le mura, assi che tagliavano il palazzo in quattro parti, che corrispondono ad esigenze specifiche. La parte settentrionale, divisa dal decumano, è la parte riservata alle guarnigioni militari, mentre l’altro settore è occupato dal palazzo imperiale vero e proprio; questa costruzione sorge apparentemente su un piano orizzontale, ma in realtà la regolarità è artificiale, perché inizialmente il terreno era in forte pendio (si trattava di una forte scarpata che portava direttamente al mare); i costruttori del palazzo, per ottenere una superficie ampia, costruiscono delle sostruzioni artificiali e riportano il livello in maniera da ottenere una grande superficie piana, però e strutture artificiali sotterrane non vengono abbandonate ma utilizzate come parte integrante del palazzo, anzi la parte sotterranea viene concepita con una omogeneità di impianto che viene ripetuta al livello del piano terra, cioè la parte sotterranea e quella superiore sono uguali nella distribuzione degli ambienti interni, ciò è anche dovuto a problemi di natura statica). 
I due assi (cardo e decumano) sono porticati e si incrociano in un quadrato centrale che precede una struttura porticata chiamata peristilio, per via della sua configurazione colonnata; questa struttura è il nucleo principale della costruzione perché è il luogo nel quale di tengono le manifestazioni pubbliche come espressione di potere, manifestazioni che miravano ad esaltare la figura di Diocleziano, il quale in relazione alle sue esperienze orientali (che avevano una concezione diversa per quanto riguarda l’immagine del sovrano, in quanto hanno anche valenze religiose); per questo Diocleziano decide assumere il ruolo di deus, per dare questa immagine divina si organizzavano con dei cerimoniali che si concludevano con l’apparizione dell’imperatore (o epifania); la sua apparizione avveniva appunto all’interno del peristilio, dove si radunava la folla; tuttavia la sua apparizione era organizzata in un’ambiente che si affacciava sul peristilio (chiamato consistorium). Questo cerimoniale nel mondo romano si afferma con Diocleziano e per rendere più prestigioso il loro ruolo si predispone questo cerimoniale che comprende una parte libera (a cielo aperto) rappresentata da una corte, che era il peristilio (chiamata anche tribuna), e una parte collegata a questo spazio libero, che era funzionale alla apparizione dell’imperatore (ovvero il consistorium), a partire da questo momento entrano a far parte della tipologia dei palazzi imperiali, le conseguenze dell’introduzione di questo elemento sono ricche di risultati perché da questo momento tutti i palazzi imperiali (non solo romani ma anche medioevali) rispettano la regola di avere uno spazio aperto ed uno chiuso funzionali a queste manifestazioni (come nel palazzo di Teodorico a Ravenna e in quello di Carlo Magno ad Aquisgrana), questo spiega come l’importanza data a questa zona. Una affinità con il palazzo sul palatino (oltre a questa zona funzionale alla apparizione dell’imperatore) sono la regolarità di impianto e la presenza del mausoleo (che qui è presente) ed infine l’ippodromo.
Le porte del palazzo sono facilmente individuabili in quanto presentano ai lati delle torri di forma ottagonali (in contrasto con le altre torri), a queste porte gli storici diedero dei nomi correlati alla ricchezza decorativa, per questo la porta settentrionale, essendo quella più decorata, si chiama porta aurea (presenta una ricchezza decorativa che rimanda in maniera diretta a soluzioni orientali, in particolari siriane, molto conosciute da Diocleziano in quanto aveva risieduto a Palmira), mentre le altre sono argenetea (ricorda le mura aureliane, con il cammino di ronda e l’ambiente interno rettangolare) e ferrea, mentre quella che si trovava ai piedi del palazzo imperiale, in corrispondenza dell’attracco delle barche, si chiamava porta palazzo. 
Parlando della porta aure, come abbiamo detto rimanda al mondo siriano, in particolare nelle tecniche costruttive, infatti i conci hanno dei denti di sega che servono ad incastrare meglio i vari conci ed impedire la possibilità di movimenti (infatti la Siria era un territorio sismico), come pure siriana è l’idea di realizzare delle finestre circolari sopra le porte, ma anche l’uso delle nicchie, che sono mascherate da delle edicole costituite da colonne sostenute da mensole che si concludono in alto con delle arcate; la presenza di questo motivo è ricorrente in Siria e rivela nella disposizione delle parti tendenza a rendere meno evidente la struttura dell’edificio perché la parete percorsa da questa sequenza di elementi crea una serie di alternanze di chiari e scuri che tendono a negare la massività della parete laddove la zona è in ombra (questo modo di interpretare la parete in senso cromatico è una caratteristica tipica della Siria). Diocleziano per esempio riporta questi elementi a nicchie nella ristrutturazione della curia del foro romano, dove le colonne sono corrette da mensole. 
Si è pensato che all’incrocio delle due strade principali potesse avere un tetrapilo, perché è stato trovato una sorta di basamento basamento ad un livello inferiore, ma in realtà si trattava solo di un tentativo di collocare un tetrapilo ma il progetto venne abbandonato perché poi il livello del terreno venne sopraelevato per garantire l’accesso diretto dalla strada al peristilio. Il peristilio è formato da due colonnati che consentono l’acceso ad un recinto dove è collocato il mausoleo (ora adibito a cattedrale) e dall’altro lato si collocava un’area sacra dove sono stati scoperti due tempietti di piccole dimensioni, uno dedicato a Giove e l’altro dedicato a Venere; templi che non hanno particolari soluzioni, uno è ad ale (interessante per la cella con la volta a botte cassettonata) e l’altro a pianta centrica.
Nell’ingresso al palazzo si trova per la prima volta l’arco siriano (o siriaco), ovvero una arcata che interrompe il tratto orizzontale del frontone, con la treabeazione che si curva in corrispondenza della porta di ingresso principale, dalle porte a fianco iniziano due rampe di scale che portano al palazzo inferiore.
Il mausoleo di Diocleziano divenne tra il V e VI secolo una chiesa e poi una chiesa romanica nell’XI secolo con l’aggiunta del campanile; quello che interessa è il fatto che dal punto di vista della tipologia non presenta particolari novità, ma la cosa più importante è il trattamento della superficie parietale che anticipa certe tendenze dell’architettura tardo antica e la struttura della volta che è realizzata con elementi a ventaglio (la volta è realizzata con tutta una sequenza di mattoni disposti a raggiera creando dei ventagli che si sovrappongono e creano una struttura autoportante), le pareti del mausoleo sono decorate con colonne sovrapposte in un disegno che frammenta la composizione (tendono a togliere la continuità della parete appositamente creato per disorientare il visitatore, secondo la tendenza legata al momento storico dell’età tetrarchica, cioè quella di realizzare strutture robuste ma nello stesso tempo si aggiungono degli elementi che tendono a mettere in dubbio la premessa).
Dal consistorium si arrivava ad una serie di ambienti (come una basilichetta) che hanno forme diverse, tutti gli ambienti si affacciano su un corridoio esterno che corre lungo tutta la parete (e ricorda la soluzione del tabularium del foro romano) e che attraverso una serie di finestre si affaccia al mare. Questa parte superiore viene ripetuta in quella inferiore, con un grande ambiente cruciforme, che si trova al di sotto della rotonda ottagonale superiore (al di sotto dell’ingresso); in questo caso il corridoio inferiore era direttamente collegato al mare.
Per quanto riguarda le tecniche di costruzione sono diverse da quelle usate a Roma (dovuto al fatto che no ci troviamo più in Italia, si utilizzavano in genere elementi lapidei legati con malta), come per esempio il fatto di realizzare le volte come sovrapposizione di anelli concentrici (una prassi che si diffonderà molto nel mondo orientale), a differenza del mondo occidentale dove i mattoni sono disposti non per taglio ma in maniera orizzontale, come avveniva in passato.
La facciata verso il mare ricorda molto il tabularium, perché un rimando del genere nell’età della tetrarchia costituiva il riferimento ad un’epoca di sani costumi romani e di esaltazione dei valori tradizionali, ma in questo caso il messaggio è trasposto in termini figurali diversi da quelli dell’età repubblicana, infatti se gli architetti avessero solamente copiato l’idea del tabularium non avrebbero dato prova di capacità inventiva, ma come vediamo; quindi questo motivo antico è interpretato in senso tardo antico (ovvero creare un’immagine che disorientasse il visitatore), in questo caso la colonna poggia su una mensola aggettante (cosa che disorienta il visitatore, questa soluzione ha valore ornamentale perché la colonna è ben salda al muro attraverso una trave che la percorre pensata per poter sostenere la colonna che aggetta); nel caso del tabularium l’idea era quella di creare una facciata plasticamente articolata, qui la soluzione tende in parte a mantenere l’idea plastica della superficie ma sopratutto pone in dubbio il visitatore (questo dualismo è la chiave interpretativa della cultura successiva, negazione ed affermazione l’equilibrio di questi due elementi avverrà in epoca romanica ma passeranno circa sei secoli per arrivare ad una forma adeguata, prima di ciò ci saranno esempi che avvalorano più le soluzioni plastiche e dall’altro quelle del disorientamento; per questo motivo l’architettura tetrarchica ha un peso notevole).

Il palazzo imperiale di Salonicco


Questi palazzi, e sopratutto questo di Salonicco, sorge in una realtà fisica che non era deserta prima dell’insediamento tetrarchico ma la città di Tessalonica (figlia del re macedone che aveva presieduto alla fondazione della città) era, prima che Galerio si trasferisse, una città di discreto prestigio commerciale e con una certa ricchezza (grazie alla sua posizione geografica strategica che la avvantaggiava nei commerci marini e caratterizzata da un’entroterra piuttosto fertile). In età ellenistica (tra il IV e III secolo a.C.) la città si configurava come un’insediamento urbano circondato circondato da mura, che presentava all’esterno un’insediamento di espansione, che gradualmente si era creato, collocato ad una certa distanza dall’area portuale (quindi tra il centro abitato ed il porto esisteva una fascia libera che li separava), quest’area libera era destinata ad essere riempita dall’incremento demografico che stava subendo, sopratutto grazie all’asse viario che attraversava questa zona in quanto, in quanto dopo la conquista da parte dei romani della regione questo asse costituirà una parte della via igniatia (che si collegava da una parte alla via appia, che collegava roma a brindisi, e dall’altra attraversava tutta la grecia e raggiungeva Bisanzio). Con l’incremento di questo asse la città si espande e raggiunge la costa ad esclusione di un’area che è quella della ultima fase di espansione che corrisponde all’epoca di Galerio intorno al 300 d.C. (forse un po prima, perché la decisione non fu immediata, in quanto prima di stabilirsi aveva pensato di scegliere un’altra città che era il luogo dove era nato, successivamente la posizione vicino al mare aveva indotto a scegliere Tessalonica, quindi l’istituzione della tetrarchia è del 285 mentre la costruzione del palazzo inizia intorno 290 d.C. e termina qualche anno dopo). Ci sarà poi una fase successiva quando la città rientra nell’orbita dell’impero bizantino, diventando una delle città più importanti di questa parte dell’impero e con la sua acropoli era famosa per essere difficile da conquistare (la città subì poi un’incendio nel 1917 che la rade al suolo, per questo venne ricostruita quasi da zero).
Alla città ellenistica subentra quella romana dopo la conquista della Macedonia nel 169 d.C. e da quel momento diventa provincia romana e quindi come conseguenza a Salonicco si cambia il volto della città ellenistica con l’inserimento di quelle architetture che caratterizzano il mondo romano; viene per esempio insediata l’agorà (che è in parte sopravvissuta, è formata da due piazze, la prima del II secolo d.C., è chiusa da un lato da un piccolo teatro limitato alle rappresentazioni musicali, vi era anche una seconda piazza, collocata più in basso; si sta anche cercando di ricostruire l’agorà con una opera di anastilosi, ovvero con la ricostruzione dell’impianto attraverso la messa in opera di nuove colonne in marmo di Carrara, ritenuto il più vicino a quelli della Grecia).
La parte sistemata da Galerio era un grande complesso ma ci sono rimasti pochi resti, occupa il lato terminale orientale delle fortificazioni (addirittura il muro esterno del circo coincideva con il lato della fortificazione; attualmente questa parte è nascosta da un palazzo risalente agli anni 70). 
Il palazzo è un palazzo imperiale per eccellenza, infatti nelle caratteristiche che abbiamo elencato per l’acquisizione del termine di palazzo imperiale c’è la parte residenziale, il mausoleo e all’ippodromo o circo, in questo caso il palazzo ha tutti questi requisiti, con una estensione di circa 1,5 km e a breve distanza la riva del mare (circa a 500 metri). 
Il palazzo si imposta su due assi, uno che va dal centro della città verso il mare (che è un’asse rappresentato dalla via igniazia, rappresenta quindi una sorta di decumano), questa asse si interseca con il cardo (chiamata via cardine). Entrambe queste vie erano porticate (ad imitazione di quelle che erano diffusamente presenti in quasi tutte le città orientali), ancora secondo la moda orientale questi due assi si incontrano e sono materializzati dalla presenza di un’edificio che si chiama tetrapilon (una sorta di cubo aperto su quattro lati per lasciar passare le due strade), questo tretapilo era un’accorgimento che serviva anche per rettificare gli andamenti delle vie, ma si trattava anche di elementi di arredo urbano.
In corrispondenza del tetrapilo ci sono i due tratti della via principale, da una parte si arriva al mausoleo (anche questo tratto è porticato) mentre l’altro lato si sviluppa lungo un’asse caratterizzato da una serie di costruzioni (che corrispondono agli andamenti costruttivi dell’epoca, ovvero costruzioni planimetricamente molto articolate e di grandi dimenzioni) una accanto all’altre, precedute da un vestibolo (che collegava direttamente al tetrapilo). Questa via così caratterizzata porta direttamente al palazzo imperiale, che è costituito da una serie di ambienti residenziali (di forma ottagonale, secondo un sistema che abbiamo più volte trovato, e ornati con pavimenti a mosaico di una certa importanza), ma certamente l’elemento più caratteristico è la rotonda ottagonale che si distingue perché è una costruzione immensa, che fa presupporre una perizia tecnica fortemente avanzata. 
Per quanto riguarda il mausoleo di Galerio, circa un secolo dopo la morte di Galerio venne convertito nella chiesa di San Giorgio, infatti la città (intorno alla fine del IV secolo d.C.) diventa per un certo periodo sede dell’imperatore Teodosio (responsabile dell’editto che ufficializza la religione cristiana come l’unica dell’impero), che decide di fare del mausoleo una chiesa, per questo la chiesa si arricchisce si un circuito murario che circonda la vecchia costruzione e viene dotata di una parte resinale (luogo dove era collocato l’altare); i sistemi costruttivi adoperati nella chiesa sono quelli anticipatori di quelle prassi costruttive che caratterizzeranno l’architettura bizantina. La costruzione rimanda notevolmente al Phanteon per le dimensioni e per il sistema costruttivo (sono di facile individuazione notevoli arcate di scarico), la presenza dell’elemento absidale cambia notevolmente il senso spaziale dell’edificio, in quanto prima si trattava di un’edificio ad asse centrale mentre adesso troviamo un’asse prevalente che toglie enfasi allo sviluppo centrale iniziale. 
Del tetrapilo, di cui di rimane solo uno dei lati, sono importanti i registri scultorei (paragonabili come importanza a quelli della colonna traianea, in quanto rappresentano esempi principali del periodo tetrapilo, l’occasione della realizzazione di questi registri è la conquista sui Traci da parte dello stesso Galerio).
La via che collega il palazzo imperiale con la rotonda è in asse con un’altro edificio (che altro non era che la basilica imperiale), si arrivava poi all’ottagono è preceduto da un’antisala a porcile (?) (come nella basilica di Massenzio ma con uno sviluppo monumentale più grandioso), secondo alcuni studiosi questo ottagono era un certo culturale riservato agli dei Cabrini di Samotracia (che erano culti misterici).
Il palazzo è costituito da un nucleo centrale, che è una sorta di atrio circondato, circondato da un corridoio, che a sua volta è inglobato in una costruzione più elevata che costituiva l’area residenziale vera e propria (come dimostra la pavimentazione decorata a mosaici), mentre tutta l’area interrata era dedicata alla vari usi, dalla parte superiore si arrivava poi alla basilica.

I palazzi del periodo tetrarchico


Analizzeremo adesso due città tetrarchiche, ovvero la città di Tessalonica (oggi Salonicco) e la città di Spalato, dove Diocleziano nasce e dove decide di far sorgere un palazzo
salonicco e spalato (dove Diocleziano nasce e dove decide di vivere una volta ritiratosi dalla carriera politica). Come abbiamo detto la tetrarchia è un momento storico significativo perché insieme a grandi cambiamenti del punto di vista politico ed amministrativo, si verifica anche una attività edilizia molto intensa che vede protagonisti quattro personaggi (i due cesari e i due augusti) che provvedono a creare siti adatti ad ospitare delle corti imperiali e per questa ragione simultaneamente sorgono quattro grandi palazzi (a Nicomedia, Tessalonica, Milano e a Treviri) di cui rimangano tracce tracce cospicue solo per quello di Tessalonica, perché il palazzo di Nicomedia di Diocleziano (in Pitinia) sappiamo l’ubicazione ma non sono visibili risultanze archeologiche tali da consentire una ricostruzione di un’impianto (sono rimaste solo voci e non scendono mai nel particolare); situazione simile si ha Milano e Treviri, anche se a Milano esistono ancora degli elementi superstiti di questo palazzo che sono stati inglobati da strutture successive, mentre Treviri sono presenti una grande basilica (che ebbe un peso notevole negli sviluppi dell’architettura alto-medioevale) e alcune sale del palazzo, le altre parti sono invase dalla città moderne (come la porta Nigra e le cosiddette “barbara terme” del III secolo d.C. e quindi sono architetture che non fanno parte del palazzo imperiale). 
A Salonicco i resti sono cospicui e tali da consentire una ricostruzione generale dell’impianto e quindi rende l’idea di un palazzo dell’età tetrarchica, quello di Spalato in senso stretto non farebbe parte dei palazzi della tetrarchia perché è un palazzo che sorge durante questo periodo ma in realtà è una residenza privata di Diocleziano (quando nel 306 d.C. si ritira nella sua città natale, nell’attuale Croazia allora Illiride, regione che aveva dato luce anche allo stesso Galerio, che era il suo augusto).

Analizzeremo:
  1. Il palazzo imperiale di Salonicco
  2. Il palazzo imperiale di Spalato

Il tempio di Venere Roma


Il tempio di Venere Roma si trova tra il Colosseo e la basilica di Massenzio; si tratta dell’ultimo degli edifici posti lungo la via sacra, si pone notevolmente all’attenzione perché viene rimodellato durante l’età della tetrarchia con Diocleziano, anche se era stato costruito da Adriano sopra il portico dalla domus aurea, dove si trovava il colosso di Nerone (quella di 25 metri che viene spostata verso il Colosseo, chiamato in questo modo appunto per la presenza del colosso). Il tempio riprende le grandi architetture ellenistiche che ha conosciuto nei suoi viaggi, perché il nucleo centrale (formato dal basamento) è circondato da un grande porticato (come nelle grandi costruzioni asiatiche) ed inoltre introduce la tipologia a doppia cella, l’effetto è grandioso. Per quanto riguarda la tipologia del tempio, si ispira direttamente ad Ermogene ed alla sua teoria con un rapporto tra diametro di base delle colonne ed interasse di 1:3.

La basilica di Massenzio


Dal punto di vista concettuale possiamo immaginare i fori romani come idealmente suddivisi in due settori, uno che vede interventi di età repubblicana (almeno fino ad Augusto) e un’altro settore (più ad oriente) che riguarda architetture realizzate in età imperiale, che però sorgono su strutture ancora più antiche (attualmente non visibili). 
E’ importante la sistemazione dell’area corrispondente alla Velia (una delle tre colline che formava il Palatino), in questa ultima fase dell’impero (dalla fine del III fino agli inizi del IV secolo d.C), l’area subisce modifiche sostanziali, poiché per iniziativa di Massenzio tutta la collina viene spianata e portata al livello della via sacra.
Massenzio era il rivale di Costantino, infatti quando Diocleziano si ritira a Spalato (dove costruisce un palazzo), la tetrarchia comincia a vacillare non tanto per la forza del sistema amministrativo, ma sopratutto a causa delle varie rivalità sorte tra quelli rimasti in vita e nella cattiva interpretazione dei cesari che pensavano di subentrare alla morte degli augusti alla loro morte (Massenzio era appunto il figlio di Massimiano), questo non era stato stabilito nell’ordinamento, che non prevedeva la successione automatica, infatti al ruolo di augusto e cesare dovevano essere eletti coloro fossero designati dall’esercito. Quindi quando muoiono Massimiano e Diocleziano i due entrano in conflitto, ma Costantino era amatissimo dall’esercito e viene eletto augusto (non a caso in quel momento era in Britannia a combattere), questo riconoscimento non è dato a Massenzio (la situazione creata era difficile anche dal punto vista umano perché i due erano cognati, in quanto la sorella di Massenzio era sposata a Costantino). Il conflitto dura una 10 di anni e si conclude con la battaglia di ponte Milio, che vede vincitore Costantino, il quale nel 312 d.C. diventa unico padrone di Roma. Durante questi dieci anni Costantino rimane nel nord europa mentre Massenzio torna a Roma, possiede ricchezze immense e cerca di ingraziarsi la popolazione promuovendo attività edilizia intensa, in questa ottica le risorse gli consentono di sistemare la basilica che prende il nome di Massenzio dal suo mecenate (conosciuta anche come basilica di Costantino, perché interviene successivamente modificando l’impianto, per cui c’è una prima fase corrispondente al 306, corrispondente al periodo di Massenzio, ed una successiva nel 312 con Costantino).
La costruzione della basilica rappresenta l’acme dell’architettura romana di questo periodo e dopo i romani furono più legati agli aspetti economici.
L’edificio ha un’impianto rettangolare di grande estensione (il lato più lungo sono circa 90 metri) l’ingresso non avveniva dal lato del foro ma da un’altro lato (che era una traversa della via sacra), questo lato era colonnato con un vestibolo (questo tipo di struttura verrà molto utilizzata nell’architettura paleocristiana), il visitatore entrando si trovava di fronte ad uno spazio centrale prima di raggiungere la nicchia che inquadrava la statue di Massenzio, la parte centrale era costituita da una navata divisa in tre quadrati che corrispondevano a tre grandi volte a crociera (per ogni quadrato ci erano due spazi laterali più bassi), Queste volte a crociera avevano come conseguenza quella di rallentare il percorso del visitatore nel passaggio dall’ingresso verso la statua di Massenzio; quindi abbiamo questo grande spazio centrale e longitudinale che conduce dall’ingresso alla statua, tuttavia se lo spazio fosse coperto da una volta piana definiremmo cinetico (perché il visitatore non trova ostacoli nella sua visione), cosa che non succede perché il percorso è rallentato dalle pause formate dai quadrati (e ciascun quadrato risulta determinato dalle tre volte a crociera); questa disposizione prelude lo spazio romanico e poi nel medioevo. Nello stesso tempo si distacca dalle altre architetture poiché lo spazio centrale è coperto da volte a crociera (rimanda alla basilica di Traiano); la presenza delle volte a crociera crea dei problemi dal punto vi vista statico (anche qui c’è la volontà di allontanare le spinte verso l’esterno, ma questo è ottenuto con una conseguentalietà che non trova riscontri in altre architetture), le volte a crociera scaricano il loro peso negli angoli, dove si concentra l’attenzione dei costruttori. Il principio costruttivo è simile a quello già studiato perché nella parte inferiore la presenza degli ambienti con una volta a botte perpendicolari all’andamento longitudinale della basilica, fungono da contrafforte; il problema si pone per la parte superiore, che è maggiormente aggettata, anche qui vengono utilizzati degli archi rampanti (come succede nell’aula traianea, ma in scala più grandiosa), in questo modo la spinta viene trasferita all’esterno. 
La struttura così congegnata si chiama struttura a baldacchino, perché possiamo immaginare le tre parti come autonome, questo porta come conseguenze l’interpretazione diversa che viene data all’ordine, ovvero la colonna viene appoggiata al muro ed in pianta sembrerebbe essere un elemento portante, ma in realtà si tratta di un’elemento puramente ornamentale, perché la spinta si esercita sul muro retrostante. Si abbandona il suo concetto greco, questo perché entra in gioco un nuovo modo di concepire l’architettura, ovvero costruire edifici che dal punto di vista costruttivo sono ben congegnati e introducono elementi che tendono a disorientare il visitatore, cioè l’osservatore che entra in questo edificio non si accorge in modo immediato del sistema costruttivo che anima l’edificio; lo spazio inizia a diventare illusionistico, però si conserva ugualmente la struttura della costruzione, le conseguenze si sentiranno perché basta coprire le pareti con mosaici per aumentare il senso di disagio (creando uno spazio fluido), inoltre questo senso di spaesamento aumenta nel momento in cui si inseriscono una serie di ambienti tra loro collegati, per avere una idea chiara il visitatore deve percorrere lo spazio. 
Questi concetti dello spazio animano l’architettura da questo momento in poi, in quanto investe anche i filoni paralleli come quello bizantino (come accade in Santa Sofia dove il sistema strutturale è molto simile e gli effetti cromatici tendono a smaterializzare la struttura,molto diverso dall’effetto di una muratura grezza), questi due atteggiamenti, che nell’età tardo antica corrono paralleli in occidente ed in oriente, diventano con l’inizio del medioevo peculiari quello dello sperimentale in occidente, mentre quello dello spazio estremamente illusionistico nei paesi orientali. Nel periodo tardo antico è difficile distinguere questa tenenza, a partire dal VI secolo l’oriente e l’occidente si differenziano notevolmente (una predilige gli effetti di massa e gli effetti plastici, mentre l’altra gli effetti cromatici, anche se i due utilizzano metodi di partenza simili). 
In sintesi da questo momento in poi si assiste ad una fase di sperimentalismo che riprende temi già trattati con una grandiosità di impianto notevole, ma che nello stesso tempo mettono in dubbio la costruzione stessa dell’edificio attraverso la introduzione di alcun elementi che creano una sensazione di disagio (in questo caso le colonne); in seguito questa volontà di creare spaesamento si accentua attraverso l’uso dei materiali (legato anche al problema della luce, perché ovviamente la superficie in pietra e priva di ornamenti colpita dalla luce ha degli effetti diversi rispetto ad una superficie decorata, perché nel primo caso si possono definire chiaramente le parti esposte alla luce e quelle in ombra, in modo tale da esalta e forme plastiche; nel secondo caso la luce ammorbidisce le forme della struttura tendendo ad una visione bidimensionale). La valorizzazione degli elementi di massa, a partire dal VI secolo, diventa una elemento dell’architettura occidentale; l’oriente segue il filone degli effetti cromatici, però mentre l’oriente si cristallizza in questa formula, in occidente questo processo di esaltazione dei valori plastici e un crescendo di forme monumentali.
Il progetto viene portato avanti da Costantino il quale interviene nel progetto già completato, la sua idea è quella di esaltare tutti i monumenti che si trovano sulla via sacra (mentre come sappiamo l’ingresso della basilica non è lungo la via sacra), per questo decide di aprire un’ingresso verso il foro consentendo di entrare nella basilica lateralmente attraverso una scalinata, creando una nicchia dalla parte opposta dell’entrata dove posiziona la sua statua, di cui abbiamo soltanto descrizioni. Questi due interventi mutano completamente il senso spaziale descritto, cambiando l’asse e togliendo enfasi a quello iniziale, trasformando il tutto lo spazio da longitudinale a centrale, questo ci consente di determinare una differenza tra impianti ad asse longitudinale e quelli a pianta centrale (che si sviluppano nelle architetture successive). I cassettoni che rivestono le volte hanno degli effetti prospettici notevoli e tipici della fase tardo antica.
Questo sistema strutturale della parte centrale della basilica di Massenzio è un’elemento che non nasce con la basilica ma trova ispirazione da un’altra tipologia di edifici, ovvero gli edifici termali, perché le tre volte a crociera si ripetono in quasi tutte le terme precedenti.

Il tabularium


Era una struttura che sorgeva di fronte all’area consacrata alla famiglia Giulio-Claudia ed è l’edificio che viene ad occupare quella depressione che separava le due colline del Campidoglio e dell’Arx; questa costruzione serve a riempire questo spazio e sopratutto costituisce una quinta stradale che chiude la visione del foro romano per chi percorre la via sacra. Questo edificio, di cui è rimasto solo fino al primo piano, è interessante perché si ricollega direttamente alle soluzioni operate nei santuari laziali e cristallizza quella formula architettonica delle arcate inquadrate da ordini che diventa peculiare in tutta l’architettura romana, come abbiamo già visto sia nel tempio di Giove Anxur che in quello di Ercole a Tivoli, qui i romani riprendono questo motivo e lo estendono ad una superficie immensa rispetto ai santuari (questa è la vera novità), diventa l’elemento preferito dagli architetti romani perché si ripete nella compagine esterna dei teatri ed anfiteatri (anche in queste strutture, come nel tabularium, si riscontra un’appesantimento delle strutture superiori per raddrizzare la risultante delle azioni di forza); ciò che importa è che da questo momento il motivo predominate e che verra ripreso anche durante il periodo della tetrarchia (che riassume i motivi precedenti modificandoli), in questo caso il partito architettonico è un’elemento che serve a conferire grandiosità mentre durante la tetrarchia ha un significato ideologico (nel senso che Diocleziano lo riprende esclusivamente per ricollegarsi ai principi dell’antica Roma).
L’edificio era formato, dalla parte del foro, da un’alto muro (in peperino, struttura calcarea molto dura a refrattaria al fuoco) che sosteneva probabilmente più piani di arcate inquadrate da ordini; nella parte retrostante la depressione che costituiva l’asilum viene sostituita da una grande platea. L’accesso al foro avveniva attraverso una porta, infatti dietro l’alto muro (su cui poi si impostano le arcate) si trova un corridoio che si sviluppa per tutta la lunghezza, questo corridoio porta alle due estremità dell’edificio, dove sono presenti delle scale che portano al primo piano, dove si trova una giustapposizione di quadrati che formano le campate (a questa tipologia si ispireranno i francesi molto più tardi); dei piani superiori non sono rimasti molti resti.
Davanti al tabularium, nel foro, si trovano il tempio di Saturno, quella della Concordia (precedente allo stesso tabularium) e nello spazio fra questi due templi (dove si trovava la porta di ingresso al tabularium), viene inserito il tempio di Tito e Vespasiano; la costruzione di questo tempio portò alla chiusura della porta che conduceva al tabularium.

La sistemazione del foro


Questo tema si ricollega molto a quello dei santuari laziali, in quanto la facciata del tabularium è un’elemento di sintesi delle esperienze maturate nel santuario della Fortuna Primigenea e in quello di Ercole a Tivoli, confermano ancora una volta questa dipendenza dell’architettura romana da quella campana.
La sistemazione del foro nel tempo c’è sempre stata l’idea di trasferire le attività commerciali presenti nella piazza verso l’esterno (soprattutto a partire dal III secolo a.C.), man mano che la città diventa sempre più potente il processo di liberazione andava accentuandosi, in particolare con il periodo della costruzione delle quattro basiliche. L’ultima fase di raggiungimento di questo scopo si attua con Giulio Cesare e Ottaviano Augusto (in particolare con quest’ultimo), con i quali la zona centrale diventa il foro vero e proprio (ovvero come zona di incontro politico) e diventa anche espressione di una potenza dinastica acquisita (raggiungendo la dignitas forense richiesta dai letterati, ovvero il foro doveva essere espressione di quella pax romana che l’impero voleva estaurare in tutti i territori dell’impero, come voleva la famiglia Giulio-Claudia). L’azione di Ottaviano si concentra innanzitutto sulle basiliche esistenti, ovvero la basilica Aemilia e Sempronia (che  a partire da questo momento verrà chiamata Giulia), queste trasformazioni riguardano le facciate rivolte verso il foro medio, vengono introdotti cambiamenti nella sistemazione delle taberne, che adesso diventano argentarie (che vendevano oggetti di lusso) e diventano strutture fisse in muratura (lasciando i varchi per entrare nella basilica). Lo stesso intento si verifica nella sistemazione della basilica Giulia, dove però le taverne che primano erano sistemate lungo la via nova vengono demolite e sostituite da un grande porticato (con colonne fatte dei più preziosi marmi del mondo antico) che lambisce la strada affacciandosi sul foro (questo spiega perché la basilica ha cinque navate, diventando, per ora, la più grande basilica di Roma). 
Queste due sistemazioni chiudevano il foro dal lato nord e da quello sud, dal lato ovest la sistemazione dell’area era stata iniziata da Giulio Cesare, che però non riuscì a completare; Ottaviano costruisce i “rostra nova”, in sostituzione dei vecchi rostra costituiti dal comitio; infatti passando da un sistema democratico ad uno autoritario, una struttura democratica come lo era il comitio non poteva sussistere, quindi questo porta alla distruzione fisica dell’antica struttura; tuttavia il ricordo della grandezza di Roma manifestata dalla presenza dei rostri (usati nelle battaglie contro la lega Latina) porta Augusto a costruire una struttura semicircolare (che ricorda la struttura curvilinea dell’antico comitio) e sulla parete esterna rivolta verso il foro vengono appesi i rostri, che un tempo ornavano la tribuna del comitio (anche questa struttura era posizionata in maniera tale da creare una specie di spazio privato ed atto ad esaltare la famiglia Giulio-Claudia).
Rimaneva da chiudere il quarto lato, quello orientale; il progetto di chiusura viene attuato con la costruzione di una struttura che corrisponde ai rostra nova, che non si tratta di una struttura fisicamente imponente tale da dare un senso chiusura completa, per tale ragione viene attuata una sequenza di costruzioni formate da tre parti, un tempio di Cesare e ai lati due archi, i quali permettono di collegare il tempio di Cesare da una parte alla basilica Aemilia e dall’altra al tempio di Castori. 
Il tempio di divi caesari viene costruito nel 29 a.C. e costituisce il luogo dove era stato portato il cadavere di Cesare per essere bruciato contestualmente alla sua divinizzazione (si tratta di un tempio simile agli altri), nel punto in cui viene bruciato si trova un altare e circondato da una struttura circolare che lo contorna (e che conferisce al basamento un’andamento insolito). L’arco formato da un’unico fornice collegava la basilica Aemilia con il podio del tempio, questo unico fornice era dedicato ai due nipoti di Augusto (designati come eredi al trono, in quanto non aveva figli), anche questa dedicazione rientrava nel disegno di esaltazione della dinastia; questo arco, che voleva ricordava a tutti la continuità della dinastia è chiamato anche arco aziaco (dal nome della città di Azio, luogo della battaglia che segna il declino di Antonio).
L’altro arco collegava il tempio di cesare con quello dei Castori (dedicato alla vittoria di augusto sui Parti, una popolazione che aveva dato notevoli problemi ai romani, non a caso di recente questa popolazione aveva sconfitto Crasso pochi anni prima, tanto da aver rubato le insegne imperiali, Augusto intraprende una campagna bellica contro questa popolazione e riesce a riprendere le insegne sottratte a Crasso). come abbiamo detto tutte queste strutture erano atte ad esaltare la potenza della dinastia, che aveva anche la possibilità di tramandare il potere da padre in figlio.
La situazione dopo Ottaviano Augusto (ovvero dopo il 14 d.C.) rimane immutata, almeno nell’area centrale poiché questo spazio è sempre rimasto libero, veniva più che altro utilizzato per i giochi dei gladiatori (infatti il primo anfiteatro è il Colosseo), infatti al di sotto di questa area erano presente una serie di cunicoli con degli alloggiamenti dove erano custoditi gli animali feroci che venivano portati su da montacarichi. Questo uso non ebbe grande durata (è attiva tra Cesare e gli ultimi anni di Augusto), perché Augusto prima di morire chiude le buche e pavimenta tutta l’area, segnando l’inizio dell’importanza di spazio pubblico. Dopo questo intervento i giochi gladatori vengono tenuti in strutture provvisorie lignee, che si spostavano in varie parti della città (principalmente nel campo Marzio, che offriva possibilità di spazi), addirittura erano strutture erano prefabbricate a seconda delle occasioni (infatti i giochi avvenivano in periodi determinati), questo perché gli imperatori erano restii a creare strutture che potessero creare situazioni di grandi affollamenti, in quanto potevano generare eventuali ribellioni; questa rarità delle manifestazioni era anche di intento moralistico perché pensavano che non potesse essere positiva la vicinanza tra uomini e donne cerando situazioni di disagio alla popolazione stessa (la vera ragione rimane quella di impedire la costruzione di luoghi di aggregazione); inoltre gli imperatori vedevano questi giochi come delle occasioni rare per potersi manifestare, il che, secondo loro, conferiva loro una maggiore importanza.

La fase che precede il periodo tardo antico

Prima di intraprendere il periodo della tetrarchia analizzeremo alcuni elementi che costituiscono dei presupposti per lo stesso periodo della tetrarchia, poiché il periodo che andremo ora ad analizzare riassume episodi precedenti e li muta per un nuovo corso di elementi che compongono l’architettura tardo antica; la tetrarchia venne introdotta da Diocleziano (che assume il governo nel 285 d.C fino 306), questo imperatore è noto oltre per il suo valore di uomo di guerra anche per aver introdotto questa modifica nel governo romano; infatti l’impero romano l’impero era sottoposto all’incursione di popoli barbari (dell’occidente e d’oriente, come gli ostrogoti), non a caso Aureliano con le sue mura aveva provveduto a difendere la città di Roma, tuttavia altre città erano soggette a queste incursioni, sopratutto la città di Bisanzio (perché occupa una posizione notevole dal punto di vista geografico). Diocleziano decide di suddividere l’intero territorio dell’impero in 4 parti (da cui la parola tetrarchia), secondo la sua visione l’impero doveva essere da due augusti (uno che controllava l’oriente e l’altro l’occidente), i quali erano coadiuvati da due cesari erano i più stretti collaboratori degli augusti e designati anche loro uno come difensore delle terre d’oriente e l’altro di quelle d’occidente. L’augusto d’oriente è lo stesso Diocleziano che sceglie come città imperiale Nicomedia (situata lungo il mar nero vicino a Bisanzio), il suo cesare è Galelio, che sceglie Tessalonica (oggi Salonicco), i due sono entrambi illirici, un territorio che corrisponde all’attuale Jugoslavia, inoltre erano guerrieri molto attivi. Per l’occidente era augusto un certo Massimiano che stabilisce la sede a Milano (per avanzare le frontiere ed arrestare le invasioni), il suo cesare era Costanzo Cloro che risiedeva a Treviri (attualmente in Germania), ed era anche il padre di Costantino. 
Si tratta di un sistema amministrativo principalmente di controllo che serve a fermare l’avanzata dei popoli barbari; questa formula porta a delle conseguenze dal punto di vista degli indirizzi della architettura romana, perché questo momento storico rappresenta una svolta decisiva che vede come campi di azione una serie di architetture che sono concentrate nella edificazione delle sedi imperiali nelle quattro città che abbiamo elencato, questi quattro palazzi ci consentono di verificare questi cambiamenti. Questo momento di svolta viene chiamato tardo antico, per distinguerlo da quello precedente (proprio per i suoi caratteri innovativi) e questo periodo va dalle tetrarchia fino al crollo della caduta dell’impero di Giustiniano (che avviene nel 656 d.C), naturalmente in questo periodo si trovano all’interno altri filoni di ricerca (che fanno sempre parte del quadro generale tardo antico), in questo arco temporale dobbiamo inserire l’ultimo arco dell’architettura pagana, l’architettura paleocristiana l’architettura dei popoli barbari (con il loro processo di romanizzazione), tutti questi preparano l’architettura medioevale vera e propria.
Prima di intraprendere questi temi, che riguardano il periodo tardo antico, è necessario introdurre alcune premesse, in particolare alcuni temi riguardanti la basilica di Massenzio (una sorta di pietra miliare di questo nuovo corso, che precede di poco la costruzione dei grandi palazzi imperiali, con il suo sistema costruttivo potremmo capire il passaggio tra questo momento alto dell’architettura romana e quello bizantino vero e proprio, perché in questo edificio sono contenuti alcuni termini fissi dell’architettura bizantina dell’età giustinianea, cioè la chiesa di Santa Sofia non è altro che l’utilizzo ad ampia scala del sistema costruttivo “inaugurato” nella basilica di Massenzio) e ancora prima il completamento della sistemazione della parte del foro che abbiamo già trattato fino all’età repubblicana.

Analizzeremo:
  1. La sistemazione del foro
  2. Il tabularium
  3. La basilica di Massenzio
  4. Cenni al tempio di Venere Roma