Il palazzo imperiale di Spalato


La città si conserva in buono stato e gli interventi di restauro sono stati fatti con notevole sensibilità; la città attuale sorge all’interno del palazzo, quindi la presenza di queste strutture ha garantire la prosecuzione storica di questo centro; infatti dopo la morte di Diocleziano il palazzo diventa luogo di rifugio per le popolazioni che stavano attorno essendo molto fortificato. Diocleziano nel 306 d.C. decide di ritirarsi dalla vita pubblica e torna nella città natia di Spalatoto e la scelta muove da esigenze sentimentali ma anche altre cause (come era stato per Adriano con villa Adriana) contribuiscono ad orientare le scelte; come per esempio era molto vicina al mare ed la presenza di acque termali di cui Diocleziano faceva uso terapeutico. 
Fino alla metà dell‘800 la città era nota dal punto di vista storico per aver occupata il ruolo di sede imperiali, però i resti dell’età della tetrarchia erano nascosti dalle costruzioni successive e che avevano mutato in maniera sostanziale l’immagine della città (cioè la città della seconda metà dell‘800 si presentava con il borgo con forme architettoniche legate al momento in cui erano state costruite); l’occasione della riscoperta delle architetture romane è data dalla presenza di Ernest Evrald; un architetto francese che deve usare una borsa di studio soggiornando a Roma all’accademia di Francia, questi allievi venivano a Roma e alla fine del triennio dovevano presentare uno studio specifico di un’edificio; verso la metà dell’800 si incominciano ad aprire le frontiere e si dirigono verso altre destinazioni, quando Evrald vince il Gran Prix de Rome e si reca a Roma, decide di interessarsi di Spalato, interesse dovuto alle sue conoscenze letterarie ma sopratutto la sua conoscenza era mediata da disegni di Palladio (che era stato in visita e aveva redatto una serie di disegni, sopratutto del mausoleo del palazzo); altri si occupano di illustrare i resti, contribuendo alla conoscenza di questi resti.
Evrald comincia a studiare il sito, produce e riassume i risultati nella sua tesi e dopo continua a perseguire una via che riportasse alla luce i resti dell’antico palazzo; questo suo interesse riscontra un parere condiviso con le autorità locali che lo assecondano. Intorno al 1890 iniziano ad effettuarsi una serie di scavi, vengono abbattute molte strutture più recenti e si procede con una certa regolarità alla restituzione alla luce di queste strutture romane. Alla fine si è arrivati ad una conoscenza specifica del palazzo ed è stato possibile ricostruire l’impianto antico; certamente la parte del palazzo imperiale, che è quella meridionale, è quella più conservata a differenza di quella settentrionale; il circuito murario è chiaramente visibile anche ora e sono anche superstiti alcune delle torri che rendevano questo palazzo fortificato (sono torri che in origine erano disposte lungo i lati ad intervalli regolari, quadrate quelle normali e ottagonali quelli corrispondenti alle porte urbiche, perché il palazzo presentava quattro porte disposte lungo gli assi cardinali (nord-sud ed est-ovesr), che erano i punti in cui i due grandi assi viari incontravano le mura, assi che tagliavano il palazzo in quattro parti, che corrispondono ad esigenze specifiche. La parte settentrionale, divisa dal decumano, è la parte riservata alle guarnigioni militari, mentre l’altro settore è occupato dal palazzo imperiale vero e proprio; questa costruzione sorge apparentemente su un piano orizzontale, ma in realtà la regolarità è artificiale, perché inizialmente il terreno era in forte pendio (si trattava di una forte scarpata che portava direttamente al mare); i costruttori del palazzo, per ottenere una superficie ampia, costruiscono delle sostruzioni artificiali e riportano il livello in maniera da ottenere una grande superficie piana, però e strutture artificiali sotterrane non vengono abbandonate ma utilizzate come parte integrante del palazzo, anzi la parte sotterranea viene concepita con una omogeneità di impianto che viene ripetuta al livello del piano terra, cioè la parte sotterranea e quella superiore sono uguali nella distribuzione degli ambienti interni, ciò è anche dovuto a problemi di natura statica). 
I due assi (cardo e decumano) sono porticati e si incrociano in un quadrato centrale che precede una struttura porticata chiamata peristilio, per via della sua configurazione colonnata; questa struttura è il nucleo principale della costruzione perché è il luogo nel quale di tengono le manifestazioni pubbliche come espressione di potere, manifestazioni che miravano ad esaltare la figura di Diocleziano, il quale in relazione alle sue esperienze orientali (che avevano una concezione diversa per quanto riguarda l’immagine del sovrano, in quanto hanno anche valenze religiose); per questo Diocleziano decide assumere il ruolo di deus, per dare questa immagine divina si organizzavano con dei cerimoniali che si concludevano con l’apparizione dell’imperatore (o epifania); la sua apparizione avveniva appunto all’interno del peristilio, dove si radunava la folla; tuttavia la sua apparizione era organizzata in un’ambiente che si affacciava sul peristilio (chiamato consistorium). Questo cerimoniale nel mondo romano si afferma con Diocleziano e per rendere più prestigioso il loro ruolo si predispone questo cerimoniale che comprende una parte libera (a cielo aperto) rappresentata da una corte, che era il peristilio (chiamata anche tribuna), e una parte collegata a questo spazio libero, che era funzionale alla apparizione dell’imperatore (ovvero il consistorium), a partire da questo momento entrano a far parte della tipologia dei palazzi imperiali, le conseguenze dell’introduzione di questo elemento sono ricche di risultati perché da questo momento tutti i palazzi imperiali (non solo romani ma anche medioevali) rispettano la regola di avere uno spazio aperto ed uno chiuso funzionali a queste manifestazioni (come nel palazzo di Teodorico a Ravenna e in quello di Carlo Magno ad Aquisgrana), questo spiega come l’importanza data a questa zona. Una affinità con il palazzo sul palatino (oltre a questa zona funzionale alla apparizione dell’imperatore) sono la regolarità di impianto e la presenza del mausoleo (che qui è presente) ed infine l’ippodromo.
Le porte del palazzo sono facilmente individuabili in quanto presentano ai lati delle torri di forma ottagonali (in contrasto con le altre torri), a queste porte gli storici diedero dei nomi correlati alla ricchezza decorativa, per questo la porta settentrionale, essendo quella più decorata, si chiama porta aurea (presenta una ricchezza decorativa che rimanda in maniera diretta a soluzioni orientali, in particolari siriane, molto conosciute da Diocleziano in quanto aveva risieduto a Palmira), mentre le altre sono argenetea (ricorda le mura aureliane, con il cammino di ronda e l’ambiente interno rettangolare) e ferrea, mentre quella che si trovava ai piedi del palazzo imperiale, in corrispondenza dell’attracco delle barche, si chiamava porta palazzo. 
Parlando della porta aure, come abbiamo detto rimanda al mondo siriano, in particolare nelle tecniche costruttive, infatti i conci hanno dei denti di sega che servono ad incastrare meglio i vari conci ed impedire la possibilità di movimenti (infatti la Siria era un territorio sismico), come pure siriana è l’idea di realizzare delle finestre circolari sopra le porte, ma anche l’uso delle nicchie, che sono mascherate da delle edicole costituite da colonne sostenute da mensole che si concludono in alto con delle arcate; la presenza di questo motivo è ricorrente in Siria e rivela nella disposizione delle parti tendenza a rendere meno evidente la struttura dell’edificio perché la parete percorsa da questa sequenza di elementi crea una serie di alternanze di chiari e scuri che tendono a negare la massività della parete laddove la zona è in ombra (questo modo di interpretare la parete in senso cromatico è una caratteristica tipica della Siria). Diocleziano per esempio riporta questi elementi a nicchie nella ristrutturazione della curia del foro romano, dove le colonne sono corrette da mensole. 
Si è pensato che all’incrocio delle due strade principali potesse avere un tetrapilo, perché è stato trovato una sorta di basamento basamento ad un livello inferiore, ma in realtà si trattava solo di un tentativo di collocare un tetrapilo ma il progetto venne abbandonato perché poi il livello del terreno venne sopraelevato per garantire l’accesso diretto dalla strada al peristilio. Il peristilio è formato da due colonnati che consentono l’acceso ad un recinto dove è collocato il mausoleo (ora adibito a cattedrale) e dall’altro lato si collocava un’area sacra dove sono stati scoperti due tempietti di piccole dimensioni, uno dedicato a Giove e l’altro dedicato a Venere; templi che non hanno particolari soluzioni, uno è ad ale (interessante per la cella con la volta a botte cassettonata) e l’altro a pianta centrica.
Nell’ingresso al palazzo si trova per la prima volta l’arco siriano (o siriaco), ovvero una arcata che interrompe il tratto orizzontale del frontone, con la treabeazione che si curva in corrispondenza della porta di ingresso principale, dalle porte a fianco iniziano due rampe di scale che portano al palazzo inferiore.
Il mausoleo di Diocleziano divenne tra il V e VI secolo una chiesa e poi una chiesa romanica nell’XI secolo con l’aggiunta del campanile; quello che interessa è il fatto che dal punto di vista della tipologia non presenta particolari novità, ma la cosa più importante è il trattamento della superficie parietale che anticipa certe tendenze dell’architettura tardo antica e la struttura della volta che è realizzata con elementi a ventaglio (la volta è realizzata con tutta una sequenza di mattoni disposti a raggiera creando dei ventagli che si sovrappongono e creano una struttura autoportante), le pareti del mausoleo sono decorate con colonne sovrapposte in un disegno che frammenta la composizione (tendono a togliere la continuità della parete appositamente creato per disorientare il visitatore, secondo la tendenza legata al momento storico dell’età tetrarchica, cioè quella di realizzare strutture robuste ma nello stesso tempo si aggiungono degli elementi che tendono a mettere in dubbio la premessa).
Dal consistorium si arrivava ad una serie di ambienti (come una basilichetta) che hanno forme diverse, tutti gli ambienti si affacciano su un corridoio esterno che corre lungo tutta la parete (e ricorda la soluzione del tabularium del foro romano) e che attraverso una serie di finestre si affaccia al mare. Questa parte superiore viene ripetuta in quella inferiore, con un grande ambiente cruciforme, che si trova al di sotto della rotonda ottagonale superiore (al di sotto dell’ingresso); in questo caso il corridoio inferiore era direttamente collegato al mare.
Per quanto riguarda le tecniche di costruzione sono diverse da quelle usate a Roma (dovuto al fatto che no ci troviamo più in Italia, si utilizzavano in genere elementi lapidei legati con malta), come per esempio il fatto di realizzare le volte come sovrapposizione di anelli concentrici (una prassi che si diffonderà molto nel mondo orientale), a differenza del mondo occidentale dove i mattoni sono disposti non per taglio ma in maniera orizzontale, come avveniva in passato.
La facciata verso il mare ricorda molto il tabularium, perché un rimando del genere nell’età della tetrarchia costituiva il riferimento ad un’epoca di sani costumi romani e di esaltazione dei valori tradizionali, ma in questo caso il messaggio è trasposto in termini figurali diversi da quelli dell’età repubblicana, infatti se gli architetti avessero solamente copiato l’idea del tabularium non avrebbero dato prova di capacità inventiva, ma come vediamo; quindi questo motivo antico è interpretato in senso tardo antico (ovvero creare un’immagine che disorientasse il visitatore), in questo caso la colonna poggia su una mensola aggettante (cosa che disorienta il visitatore, questa soluzione ha valore ornamentale perché la colonna è ben salda al muro attraverso una trave che la percorre pensata per poter sostenere la colonna che aggetta); nel caso del tabularium l’idea era quella di creare una facciata plasticamente articolata, qui la soluzione tende in parte a mantenere l’idea plastica della superficie ma sopratutto pone in dubbio il visitatore (questo dualismo è la chiave interpretativa della cultura successiva, negazione ed affermazione l’equilibrio di questi due elementi avverrà in epoca romanica ma passeranno circa sei secoli per arrivare ad una forma adeguata, prima di ciò ci saranno esempi che avvalorano più le soluzioni plastiche e dall’altro quelle del disorientamento; per questo motivo l’architettura tetrarchica ha un peso notevole).

Nessun commento:

Posta un commento