Il foro romano, il Campidoglio e l'evoluzione di roma

Come abbiamo detto l'attività svolta dai primi sette re di Roma aveva trasformato l'insediamento da un semplice pagus (un semplice villaggio) ad una città vera e propria, in questo processo particolare importanza ebbero i tre re etruschi (suscitando in questo modo la preoccupazione della confederazione laziale era formata da una serie di città che temevano la graduale crescita della città di Roma). Questa presenza etrusca si manifesta particolarmente nell'opera di bonifica, in maniera tale da favorire l'integrazione tra le popolazioni dei vari colli creando una confederazione latino-sabina, che si contrapponeva e quella esterna ladina. Questa opera di riqualificazione si manifesta in maniera particolare nella valle del futuro foro (la valle compresa tra il Palatino ed il Campidoglio), che in quel momento era un luogo in cui ci si incontrava per discutere sulle sorti della città sulle azioni da intraprendere; le condizioni di questo luogo non erano invasi dal punto di vista fisico poiché oltre ad essere un'area acquitrinosa era stata adibita fino a quel momento a necropoli (cioè come cimitero). Fu Tarquinio Prisco ad iniziare l'opera di prosciugamento di questa zona acquitrinosa avviando la costruzione della cosiddetta cloaca maxima (ovvero una struttura che consentiva la raccolta delle acque trasportandole direttamente al Tevere); questo prosciugamento dell'area aveva portato alla costruzione della prima pavimentazione della valle del Foro, intorno al 600, pavimentazione che costituiva anche la cosiddetta Via sacra, che costituirà anche in futuro l'ossatura di questa parte della città. Non a caso lungo la via sacra erano collocati tutti i poli principali del potere di Roma o che comunque rappresentano l'ordinamento di quel periodo, non solo regio ma anche l’inizio della età repubblicano (come riportato dalle fonti, in particolare da Tito Livio), si tratta del comitium (inizialmente quadrato poi circolare) e la regia, il primo rappresenta il polo politico poiché in questo luogo si riunivano i rappresentanti le varie tribù (divisi in distretti che si chiamavano curia) che costituivano la città (con elementi latini, greci, etruschi, eccetera), la curia ostilia (dal nome del committente Tulio Ostilio, terzo re di Roma) invece era il luogo dove si legiferava, dove si riunivano i senatori (quando si passa al regime autocratico il luogo perde importanza e con Giulio Cesare la zona viene abbandonato e distrutto).
L’altro edificio rappresenta il polo politico e religioso, ovvero la regia, luogo nel quale il re officiava le cerimonie di rito, poiché i primi re erano investiti di poteri spirituali, anche se per qualche periodo fu anche la casa dei re in particolare per Numa Pompilio (secondo re di Roma), generalmente i re abitavano in una zona chiamata velia, ovvero una collina vicino alla porta mugolia a fianco della quale iniziava la via sacra, che in corrispondenza della porta mugolia svolta proseguendo in linea retta verso l’arx, attraversando i fori.
Un importante costruzione di questo periodo è rappresentata dal tempio di Giove Massimo capitolino, che invece si trovava sul Campidoglio (sull’arx si trovava invece il tempio di Giunone Moneta, ma è meno importante, mentre in corrispondenza della terminazione della via sacra ai piedi del Campidoglio si trovava il Tabularium, una sorta di quinta architettonica). Quest'edificio era molto importante nella vita di Roma perché era luogo dove tutti i condottieri si recavano per rendere omaggio a Giove in segno di ringraziamento per le vittorie conseguite, non a caso esisteva anche un vero e proprio percorso trionfale che iniziava dall'isola Tiberina e proseguendo attraverso il vicus iugarius si arrivava dinnanzi al tempio. Il tipo di struttura del tempio di Giove rimanda certamente ad una struttura templare, ma è più appropriato chiamarla capitolio, il quale si differenzia dal tempio non tanto per le parti costitutive ma per il fatto che mentre il tempio ha una sola cella, il capitolium è un edificio formato da una triplice cella dedicate a Giove, Giunone e Minerva (lettera divinità più venerate del Pantheon romano); 
questa tipologia particolare di tempio con tre celle era un emblema di tutte le città conquistate, ovvero quando i romani conquistavano una città il primo edificio che costruivano per indicare la loro presenza in quella terra era il capitolium (un edificio con la triade capitolina), poi aggiungevano in genere le terme ed un teatro, lasciando alla popolazione locale la possibilità di esprimere nella maniera tradizionale i loro modi d'uso (quello a Roma fu il primo della sua categoria). Questo tempio inaugura anche una tipologia che sarà ricorrente nell'epoca romana; diversamente da quello che abbiamo visto per il mondo greco (dove i templi si distinguono periodicamente, in quanto ogni edificio è legato ai precedenti ma sviluppa sempre nuove piste di ricerca), nel mondo romano le tipologie ricorrenti sono essenzialmente due e sempre le stesse, quello che cambia è l'uso di materiali (in particolare negli edifici più antichi utilizzano la pietra mentre nel passaggio tra l'età repubblicana e quella imperiale si utilizza prevalentemente al marmo), queste due tipologie sono il tempio periptero sine postilo (cioè senza la parte posteriore) ed il tempio periptero ad ale; elementi costitutivi di entrambe le tipologie di templi sono l'alto basamento quadrangolare (capitolium) o rettangolare (tempio semplice) che si chiama podio (può raggiungere altezze di 4 m e presenta solo nella parte d'ingresso una scalinata assiale), attraverso la scalinata si raggiunge lo stilobate dove è collocata una zona colonnata che si chiama parte antica (chiamato altrimenti pronaos), cui segue una parte postica che rappresenta l'area occupata dalla cella o dalle tre celle (tutto questo deriva dalle parole di Vitruvio). Il tempio di Giove capitolino a Roma (la cui si origine si fa derivare dal tempio etrusco) presentava colonne su tre lati del tempio, mentre sul quarto era presente un semplice muro, per questo il tempio viene definito periptero sine postilo (o sine postico); l'altra tipologia, ovvero il tempio periptero ad ale, si distingue da quella prima per il fatto che i colonnati laterali possono presentare in parte un muro continuo che inizia dove nel tempio sine postilo erano presenti delle ante, per concludersi in corrispondenza dell’entrata delle celle (anche se più spesso si fermano prima). In generale tempio nel mondo romano non ha registrato quel successo che ebbe in Grecia, più che altro le terme ed i teatri hanno un ruolo predominante; inoltre si nota che nel tempio di Giove capitolino (ed in molti altri del genere) il frontone è aperto, mentre gli elementi di coronamento erano dei gruppi statuali realizzate in argilla, che poi venne sostituito in un gruppo in bronzo; palese è anche la disarmonia nelle proporzioni.
Naturalmente l'area del foro è evoluta notevolmente con il passare del tempo, perché ogni comandante, ogni generale ed un imperatore voleva lasciare un ricordo delle sue gesta costruendo in primis un semplice elemento od una colonna positiva, in seguito, con l’avvento dell’impero si procedette direttamente con la costruzione di nuovi fori (il primo di Giulio Cesare), cinque fori che si trovano parallelamente ai fori più antichi. In genere si divide l'area del foro romano in due sezioni, una prima che racchiude una serie di architetture che sono cronologicamente ascrivibili alla periodo regio e repubblicano (dall’VIII secolo fino al 37 a.C.), mentre un secondo settore è caratterizzato da edifici che appartengono all'età imperiale (dall’età di Augusto fino alla caduta dell’impero), anche se in questa zona precedentemente erano presenti di edifici a carattere sparso, molto più antichi di quelli che attualmente appaiono e che probabilmente vennero inglobati dagli edifici successivi.
Certamente l'area più interessante è quella che si sviluppa intorno alla piazza del foro, una sorta di trapezio che rappresenta la piazza pubblica a fianco del comizio; questo era lo spazio di riunione generale, dove la popolazione si incontrava per chiacchierare o per condurre le proprie attività, infatti quest'area in questa fase ha una vocazione prettamente commerciale, non a caso sono presenti molte taverne (dei negozi) e molte macellerie (perché la carne faceva parte dei rituali di offerte alle divinità). Si tratta quindi di un'area urbanisticamente molto disordinata dove proliferavano queste taverne abusive realizzate con materiali poveri; questa situazione così disordinata e neanche accresciuta dal fatto che insieme alle botteghe comincia ad essere sistemate una serie di cimeli e ricordi per ricordare imprese vittoriose.
Quindi fino al quarto secolo quest'area era completamente nel caos, né c'era da parte della classe senatoriale potere tale da mettere ordine (perché certamente quest'operazione avrebbe creato malumori e la città non era abbastanza forte da consentire la sicurezza senza un appoggio generale delle parti), inoltre questo disordine è dovuto anche alla presenza di lotte interne che dominano la scena in tutta l'età repubblicana, con la lotta tra patrizi e plebei (i patrizi approfittavo del lavoro e plebei perché non vi erano leggi scritte e quindi vinceva il più forte, per questo i plebei richiedono una legge scritta che viene promulgata a partire dal V secolo e che è la legge delle 12 tavole, quella legge che stabiliva il rapporto tra ricchi e poveri, rendeva possibile i matrimoni misti e apriva le porte alle alte cariche dello stato a “tutti”), non a caso la zona del foro era il centro di condensazione delle sommosse che partivano dalla suburra, che si trovava a fianco del foro.
A partire dal III secolo (dopo la conquista delle colonie greche) era nata la necessità di creare un'immagine diversa della città di Roma e il luogo dove questo poteva manifestarsi con maggiore chiarezza era proprio questa piazza, per questo la piazza del foro doveva abbandonare il suo aspetto disordinato per assumere una fisionomia diversa, ovvero quella di una futura potenza (in questo periodo ha anche nel mondo intellettuale e letterario romano inizia a serpeggiare con insistenza questa idea, che viene generalmente indicata con il termine dignitas forense, ovvero il desiderio di mutamento). Uno dei primi passi che viene fatto per risolvere questa situazione è la decisione di impedire l'aggiunta di altre statue o monumenti onorari all’interno della piazza, cioè viene promulgata un editto che impediva la possibilità di inserire questi nuovi manufatti e nello stesso tempo molti di questi gruppi statuari vengono trasferiti in altri luoghi, vennero lasciati soltanto quei simboli che rappresentavano i momenti decisivi dell'accrescimento della potenza di Roma. Un altro provvedimento venne emanato per evitare la confusione creata dalle attività commerciale (cioè bisognava eliminare dall'area le taverne sparse a caso), per questa ragione viene costruito un edificio all'esterno del foro che viene chiamato macellum, liberando in questo modo la piazza centrale diventando così uno spazio rappresentativo e degno della capitale di questo nuova potenza. Nell'ottica di queste trasformazioni che avvengono nel III secolo, approfittando di un incendio che interessa tutta questa area centrale, si cercò di dare un assetto ancora più ordinato all'area costruendo quattro grandi basiliche (che presentano sul lato d'ingresso tutta una serie di taverne nove ed argentarie, fatte in muratura e destinate ad un commercio più elaborato, tipo gioielli e profumi): la basilica aemilia (179 a.C.), la basilica sempronia (170 a.C. costruita sulla casa dei gracchi), basilica Opimia (181 a.C.) e la basilica porcia (184 a.C.); queste rendono monumentale l'insieme ma costituiscono anche una sorta di delimitazione dello spazio, infatti inizia a delinearsi uno spazio chiuso che in questo momento ha un significato politico molto chiaro, nel senso che deve essere l'espressione di una civiltà che si avviava a grandi splendori, per questa ragione gli edifici sono costruiti con grandi dimensioni e anche con una ricchezza di materiali notevoli. 
Intanto il comitium è diventato da quadrato a circolare ad imitazione di un edificio simile che i romani avevano conosciuto a Peastum (dove era presente l’eclesiasteium, luogo di riunione); questa nuova struttura da questo momento viene anche chiamata rostra (arpioni che servivano per agganciare le navi nemiche), perché in questo luogo vennero appesi nella tribuna dell’oratore i rostri utilizzati nella battaglia di Anzio
Il passo successivo avviene con Giulio Cesare (57 a.C. Cesare ritorna dalle Gallie); quando torna a Roma trova un ambiente diviso (molti lo amavano ma la classe senatoriale lo odiava), Cesare ovviamente attuò una politica con la precisa volontà di accattivarsi ancora di più la simpatia della lepre ma soprattutto cercando di vincere le resistenze senatoriali; per quanto riguarda il primo obiettivo ebbe molto successo mentre per quanto riguarda i senatori la resistenza continuò e fu sempre più severa finché non lo uccisero. Tra il 57 a.C. ed il 44 a.C. Cesare risiede a Roma con l'intento di condurre una politica persuasiva attraverso l'attività edilizia, cerca di attuare questa sua politica in due modi, il primo consisteva nel cercare di risolvere il problema dell'assetto urbano dell'intera città di Roma promuovendo un piano urbanistico generale, la seconda azione che muove parallelamente a questo progetto è quella di coinvolgere l'area del foro attraverso la realizzazione di alcune opere. In una prima fase si concentra su l'attuazione del piano urbanistico, anche se non ebbe successo, per questo si concentrò sull'area del foro sistemando ancora questo spazio trapezoidale e soprattutto creando il suo primo foro, il foro di Giulio Cesare (inteso come esaltazione della sua immagine), giustapposto a quello romano.
Nel momento che Cesare entra a Roma, con l’intenzione di assumere il potere, la situazione della città era abbastanza deplorevole, non solo nel foro ma anche nelle parti abitate esterne della città ed in particolare nella suburra notoriamente poco abitabile per le costrizioni precarie e focolai di continue rivolte. La città inoltre era priva di servizi igienici, pavimentazione ed illuminazione, ma sopratutto la densità edilizia era notevole, sopratutto vicino al centro. Le insulae erano le abitazioni nelle quali vivevano i ceti più poveri, erano costituite grandi caseggiati una scala di disimpegno ai cui lati si trovavano gli appartamenti di un solo ambiente; anche gli acquedotti non esistevano ancora (che vengono iniziati con August). Consapevole di questi fatti Cesare cerca di varare un piano urbanistico promulgando una legge nel 45 a.C. nota come "de urbe augenda"(cioè sul modo di aumentare la città), in pratica è una lista di prescrizioni a cui i costruttori dovevano attenersi nella costruzione delle nuove case (come succede oggi nei piani regolatori); sulla base di questa iniziativa, cercando la collaborazione di urbanisti greci, Cesare spiego alla classe senatoria nella curia le idee del suo progetto. Nel momento in cui assume il potere la città era concentrate delle mura serviane, un territorio abbastanza vasto (più di 400 ettari) divise in grandi aree amministrative (chiamate regiones), in questo momento la situazione aveva raggiunto livelli critici, tanto da richiedere un ampliamento. Come era successo per le mura serviane, che consistevano nell’ampliamento della Roma quadrata, anche nel momento in cui Cesare cerca di attuare questo piano, tutta l'area esterna era occupata da immigrati, che ambivano di essere inserito all'interno del pomelio (per avere i vantaggi che ne derivavano). Le possibili aree di espansione erano sostanzialmente tre, la prima era quella corrispondente al campo marzio (su cui si concentrava la maggiore attenzione), dal Campidoglio fino al corso del Tevere (sopratutto verso nord est); quest'area era riservate alle esercitazioni militari, quindi un’area già occupata e sulla quale giravano delle voci di derivazione senatoriale (per impedire possibili trasferimenti), ovvero, siccome il campo marzio era proprietà dei traquini, che erano dediti a dei culti degli dei degli inferi la popolazione era restia perché erano state messe in giro voci c'eran di infestazione di spiriti marini, più che altro mancava lo spazio per le esercitazioni militari, per questo Cesare propone di spostare il campo nell'area del'attuale Vaticano e per attuare questo progetto pensa anche di deviare il corso del Tevere, ma il suo progetto non venne accettato. 
L'altra zona era a sud delle mura serviane, luogo dove sorgevano il cantiere navale, questa scelta fu subito impopolare perché significava distruggere una serie di attrezzature stabili e spostare abitanti non di facile controllo di origine orientale (dalla Siria e dalla Palestina). 
La terza area era quella legata alla parte orientale, lontana dal fiume Tevere, dove l’aria e molto salubre e lontana dai miasmi del Tevere; un’area che quindi offriva diversi vantaggi ma la soluzione non era gradita alla classe senatoriale perché qui possedevano patrimoni immensi e le loro ville di campagna (l’espansione in questa zona avrebbe portato all’esproprio dei loro beni). 
L'unica soluzione era quella dello spostamento del fiume Tevere, l’urbanizzazione dell’area del campo marzio ed il trasferimento dello stesso campo nell'attuale zona del Vaticano, tuttavia anche questo progetto incontrò molte resistenze per due motivi, innanzitutto l'idea di spostare il Tevere (un progetto molto oneroso anche per la creazione di nuovi punti), ma sopratutto in quella zona si trovava la proprietà privata di Cesare, quindi l’inserimento di una proprietà privata in un piano così generale era interpretato come un interesse privato. Queste resistenza furono così forti da rallentare la decisione ma sopratutto subito dopo la vicenda fu chiusa con l'uccisione di Cesare nel 44 a.C. Si pensa che il progetto non possa essere realizzato.
Certamente l’impedimento di questo progetto non risolveva i problemi di Roma, Ottaviano Augusto cerco si trovare una soluzione che potesse dirimere il problema, dichiarò quindi che l'idea di Cesare doveva essere scartata, in quanto Roma usciva da una serie di guerre esterne e quindi non poteva sopportare un’opera di queste dimensioni, invocando consenso generale; ma ottiene allo stesso tempo le finalità del padre tracciando il nuovo pomelio ad una distanza notevole rispetto al nucleo centrale in modo da inglobare gran parte dei gruppi che si trovavano all’esterno (lasciando anche degli spazi liberi in maniera tale da poter essere occupati successivamente). 
Nello stesso tempo Ottaviano dichiara di voler ampliare la città soltanto per ragioni amministrative (cioè per dare ordine alla città risolvendo i problemi di igiene, intasamento e densità abitativa), per questo racchiude un perimetro indicato con un solco di aratro (come Romolo) e divide il perimetro in 14 regioni, quartieri che vivono di una sorta di autonomia amministrativa ma erano anche legate al Campidoglio. Nello stesso tempo cerco di dare l'avvio alla IX zona (quella del campo marzio) e per attirare l'interesse della popolazione costruì terme e teatri; l’efficacia fu tale che l'immagine della città do Ottaviano rimase ferma fino al 270 quando fu costantemente minacciata dai barbari del nord e quindi era necessario circondare la città di mura (già c’era questa idea ma il momento storico non ne permetteva la costruzione). Quando Aureliano ottiene finalmente un periodo di tregua dalle guerre, la città viene circondata da mura possenti che non fanno altro che ricalcate il perimetro del piano di Augusto costruendo così le mura aureliane. Il sistema di costruzione di queste mura è diverso da quello che abbiamo studiato per le mura serviane, si realizzano infatti muri molto altri e di grande spessore, costruiti con un cuore di opera cementizia e con paramenti esterni di mattoni a filari paralleli realizzando una opera laterizia (una opera muraria tipica del III secolo d.C.), negli ingressi il mattone veniva sostituito con il travertino. In corrispondenza dell’inizio delle vie principali della città si aprivano le porte, che si presentavano in genere con un unico ingresso oppure doppi,  sormontati da un primo piano raggiungibile dal cammino di ronda ed ancora sopra una terrazza (servivano a rafforzare ulteriormente la difesa). Nel 275 le mura vengono terminate e questo perimetro rimane immutato anche nei secoli successivi, le uniche modifiche furono fatte alla fine del IV secolo e agli inizi del V, quando la necessita di una ulteriore difesa costrinse i romani ad operare una ulteriore soprelevazione delle antiche mura all’epoca di Teodosio. I cambiamenti di costruzione si notano con un cambiamento di tecnica costruttiva perché mentre le parti basse presentano tutte un’opera laterizia le parto alte utilizzano una opera mista con un’alternanza di tufelli e file di mattoni (utilizzata anche nel II secolo, ma in quel caso si utilizzavano delle piramidine ottenendo un’opera reticolata).

Nessun commento:

Posta un commento