I Santuari del Lazio in età repubblicana


La maggior parte delle strutture che andremo ad analizzare vengono realizzate in età tardo repubblicana quindi tra il 150 ed il 50 a.C., non si tratta di un’edificio ma di complessi aventi una funzione religiosa, quelli su cui ci soffermiamo sono collocati nel Lazio ed in particolare in prossimità della via Tiburtina e Prenestina che portavano a Roma, i santuari che andremo ad analizzare sono il santuario di Giunone a Gabii, il santuario della Fortuna Primigenea a Preneste (l’attuale Palestrina), il santuario di Ercole vincitore a Tivoli e il santuario di Giove Anxur a Terracina. 
Il primo aspetto rilevante è che questi complessi non sono stati costruiti dal nulla ma in questo periodo sono stati ristrutturati, in questi anni centri di culto molto antichi di età pre-romana, avevano fissato in questi posti dei luoghi di culto dedicati a divinità pagane, in genere collegati a culti animistici oppure di tipo divinatorio/oracolare, erano quindi gruppi che credevano nell’esistenza di forme di vita nella natura (animistici), oppure oracolari erano culti che avevano scopo quello di svelare segreti del futuro rispetto ad un quesito posto da una persona. 
In età tardo repubblicana vengono completamente ristrutturati assegnando loro un’assetto che si rifà alla architettura greco ellenistica (quindi una cultura architettonica che non è autoctona, ma risulta essere presa da tutto quello che i costruttori greci avevano costruito nell’età ellenistica; in Italia meridionale vi erano molte colonie greche e ci erano avviate attività commerciali tra i due popoli, inoltre in questo periodo, nel 146 a.C. avvienne conquistata ufficiale della Grecia), questi santuari sono quindi l’incontro delle due culture ed in particolare ci dimostra il ruolo che ha assunto la cultura greco ellenistica in questo periodo, che è stato un po quello di dare una nuova veste formale (dal punto di vista architettonico) a qualcosa che esisteva già nell’ambito laziale, in pratica le tecniche costruttive laziali vengono tradotte e declinate con un’altro linguaggio. 
Riconosciamo l’impronta ellenistica innanzitutto nella composizione architettonica di insieme, si basano sulla presenza di un porticato che cinge uno spazio sacro (quello che i greci avrebbero chiamato temnos e che invece in latino è templum, spazio consacrato), il porticus triplex, che definisce un’area all’interno della quale generalmente sorge il tempio (cioè aedes), tutta l’area che sta tra il tempio ed il porticato è un’area sempre sacra che ha la funzione di ospitare le cerimonie. Lo spazio era impostato secondo almeno un’asse di simmetria, che generalmente è quello che passa al centro della composizione e che rende uguale la parte di sinistra con la parte di destra, conferendo alla composizione un senso generale di equilibrio. 
Un’altra conseguenza che deriva dall’ellenismo è la monumentalità, che favorito dalla presenza dell’asse di simmetria e dal fatto che nella maggior parte dei casi questi complessi sono costruiti sfruttando la pendenza del terreno (vengono definiti anche santuari a terrazze, infatti in queste opere possiamo constatare l’incontro di due culture architettoniche, quella greca, basata sul linguaggio dell’ordine architettonico, che si incontra con la pratica edilizia laziale, che stava mettendo in pratica il sistema spingente). Questi santuari hanno rapporto un po’ particolare con l’architettura che negli stessi anno o immediatamente dopo viene realizzata a Roma, qui si sperimentano delle soluzioni che diventeranno canoniche dell’impero sia dal punto di vista strutturale che dal punto di vista del linguaggio architettonico, nei santuari laziali (sopratutto Preneste e Tivoli) si presenta in maniera compiuta il partito architettonico basato sull’inquadramento del fornice con l’ordine architettonico greco (a Roma una delle manifestazioni più note è la facciata del Tabularium, in età silliana). 
Un’ultima cosa è il fatto che tutti questi santuari combinano un’area sacra con una gradinata semicircolare (chiamata cavea), questo perché gran parte dei riti erano nella maggior parte dei casi erano riti che si basavano su rappresentazioni teatrali, pertanto era necessario creare delle strutture che potevano ospitare questa funzione. A differenza della cultura greca quella romana nella età tardo repubblicana non ha mai avuto rispetto per la letteratura teatrale, gli spettacoli erano più che altro ludici e i teatri erano mobili (per loro teatri in muratura non erano ammissibili almeno fino alla metà del I secolo a.C. con il teatro di Pompeo, il sistema per far accettare anche dal punto di vista politico un’edificio di questo genere all’interno della città era quello di far riferimento alla struttura della cavea ed inserire nel teatro un tempio, in riferimento hai santuari laziali, quindi qui si collocano le premesse di un’altro tipo architettonico che si svilupperà in città). In generale si può dire che dal primo esempio fino all’ultimo si complicano  le tecniche costruttive l’impostazione generale diventa più articolata e sopratutto lo sforzo costruttivo diventa sempre più accentuato (la ricerca architettonica va di pari passo con la sperimentazione strutturale).
In conclusione lo studio dei santuari laziali ci permette di analizzare l’incontro del linguaggio greco ellenistico con le tecniche costruttive laziali e di vedere come da questo connubio nascono le premessi di quella che sarà l’architettura in età imperiale sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista linguistico ed espressivo.
Questi episodi fissano un linguaggio architettonico ed una tecnica costruttiva che poi si evolverà e specializzerà per arrivare all’età tardo antica.

Andremo ad analizzare i seguenti santuari:

2 commenti:

  1. abbiamo un grosso problema con gli apostrofi

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  2. commento del cazzo, interessante è lo scritto, non ho trovato questo problema, anche perchè ero interessata allo scritto e non all'ortografia.

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