La sistemazione del foro


Questo tema si ricollega molto a quello dei santuari laziali, in quanto la facciata del tabularium è un’elemento di sintesi delle esperienze maturate nel santuario della Fortuna Primigenea e in quello di Ercole a Tivoli, confermano ancora una volta questa dipendenza dell’architettura romana da quella campana.
La sistemazione del foro nel tempo c’è sempre stata l’idea di trasferire le attività commerciali presenti nella piazza verso l’esterno (soprattutto a partire dal III secolo a.C.), man mano che la città diventa sempre più potente il processo di liberazione andava accentuandosi, in particolare con il periodo della costruzione delle quattro basiliche. L’ultima fase di raggiungimento di questo scopo si attua con Giulio Cesare e Ottaviano Augusto (in particolare con quest’ultimo), con i quali la zona centrale diventa il foro vero e proprio (ovvero come zona di incontro politico) e diventa anche espressione di una potenza dinastica acquisita (raggiungendo la dignitas forense richiesta dai letterati, ovvero il foro doveva essere espressione di quella pax romana che l’impero voleva estaurare in tutti i territori dell’impero, come voleva la famiglia Giulio-Claudia). L’azione di Ottaviano si concentra innanzitutto sulle basiliche esistenti, ovvero la basilica Aemilia e Sempronia (che  a partire da questo momento verrà chiamata Giulia), queste trasformazioni riguardano le facciate rivolte verso il foro medio, vengono introdotti cambiamenti nella sistemazione delle taberne, che adesso diventano argentarie (che vendevano oggetti di lusso) e diventano strutture fisse in muratura (lasciando i varchi per entrare nella basilica). Lo stesso intento si verifica nella sistemazione della basilica Giulia, dove però le taverne che primano erano sistemate lungo la via nova vengono demolite e sostituite da un grande porticato (con colonne fatte dei più preziosi marmi del mondo antico) che lambisce la strada affacciandosi sul foro (questo spiega perché la basilica ha cinque navate, diventando, per ora, la più grande basilica di Roma). 
Queste due sistemazioni chiudevano il foro dal lato nord e da quello sud, dal lato ovest la sistemazione dell’area era stata iniziata da Giulio Cesare, che però non riuscì a completare; Ottaviano costruisce i “rostra nova”, in sostituzione dei vecchi rostra costituiti dal comitio; infatti passando da un sistema democratico ad uno autoritario, una struttura democratica come lo era il comitio non poteva sussistere, quindi questo porta alla distruzione fisica dell’antica struttura; tuttavia il ricordo della grandezza di Roma manifestata dalla presenza dei rostri (usati nelle battaglie contro la lega Latina) porta Augusto a costruire una struttura semicircolare (che ricorda la struttura curvilinea dell’antico comitio) e sulla parete esterna rivolta verso il foro vengono appesi i rostri, che un tempo ornavano la tribuna del comitio (anche questa struttura era posizionata in maniera tale da creare una specie di spazio privato ed atto ad esaltare la famiglia Giulio-Claudia).
Rimaneva da chiudere il quarto lato, quello orientale; il progetto di chiusura viene attuato con la costruzione di una struttura che corrisponde ai rostra nova, che non si tratta di una struttura fisicamente imponente tale da dare un senso chiusura completa, per tale ragione viene attuata una sequenza di costruzioni formate da tre parti, un tempio di Cesare e ai lati due archi, i quali permettono di collegare il tempio di Cesare da una parte alla basilica Aemilia e dall’altra al tempio di Castori. 
Il tempio di divi caesari viene costruito nel 29 a.C. e costituisce il luogo dove era stato portato il cadavere di Cesare per essere bruciato contestualmente alla sua divinizzazione (si tratta di un tempio simile agli altri), nel punto in cui viene bruciato si trova un altare e circondato da una struttura circolare che lo contorna (e che conferisce al basamento un’andamento insolito). L’arco formato da un’unico fornice collegava la basilica Aemilia con il podio del tempio, questo unico fornice era dedicato ai due nipoti di Augusto (designati come eredi al trono, in quanto non aveva figli), anche questa dedicazione rientrava nel disegno di esaltazione della dinastia; questo arco, che voleva ricordava a tutti la continuità della dinastia è chiamato anche arco aziaco (dal nome della città di Azio, luogo della battaglia che segna il declino di Antonio).
L’altro arco collegava il tempio di cesare con quello dei Castori (dedicato alla vittoria di augusto sui Parti, una popolazione che aveva dato notevoli problemi ai romani, non a caso di recente questa popolazione aveva sconfitto Crasso pochi anni prima, tanto da aver rubato le insegne imperiali, Augusto intraprende una campagna bellica contro questa popolazione e riesce a riprendere le insegne sottratte a Crasso). come abbiamo detto tutte queste strutture erano atte ad esaltare la potenza della dinastia, che aveva anche la possibilità di tramandare il potere da padre in figlio.
La situazione dopo Ottaviano Augusto (ovvero dopo il 14 d.C.) rimane immutata, almeno nell’area centrale poiché questo spazio è sempre rimasto libero, veniva più che altro utilizzato per i giochi dei gladiatori (infatti il primo anfiteatro è il Colosseo), infatti al di sotto di questa area erano presente una serie di cunicoli con degli alloggiamenti dove erano custoditi gli animali feroci che venivano portati su da montacarichi. Questo uso non ebbe grande durata (è attiva tra Cesare e gli ultimi anni di Augusto), perché Augusto prima di morire chiude le buche e pavimenta tutta l’area, segnando l’inizio dell’importanza di spazio pubblico. Dopo questo intervento i giochi gladatori vengono tenuti in strutture provvisorie lignee, che si spostavano in varie parti della città (principalmente nel campo Marzio, che offriva possibilità di spazi), addirittura erano strutture erano prefabbricate a seconda delle occasioni (infatti i giochi avvenivano in periodi determinati), questo perché gli imperatori erano restii a creare strutture che potessero creare situazioni di grandi affollamenti, in quanto potevano generare eventuali ribellioni; questa rarità delle manifestazioni era anche di intento moralistico perché pensavano che non potesse essere positiva la vicinanza tra uomini e donne cerando situazioni di disagio alla popolazione stessa (la vera ragione rimane quella di impedire la costruzione di luoghi di aggregazione); inoltre gli imperatori vedevano questi giochi come delle occasioni rare per potersi manifestare, il che, secondo loro, conferiva loro una maggiore importanza.

Nessun commento:

Posta un commento