Il santuario della Fortuna Primigenea di Praeneste (attuale Palestrina)


Più avanti nel tempo, intorno al 125, ci imbattiamo in un’altro complesso, ovvero il santuario della Furtuna Primigenea a Palestrina, anche se in questo periodo iniziavano a prendere piede le divinità greche. 
Si riconosce e rimane ancora leggibile la presenta di terrazze di questo santuario costruito tra il 125 ad il 100 a.C., vi è stato un momento nel quale non si capiva bene in quali e quante parti sia articolato questo santuario e si parlava quindi di santuario superiore e di santuario inferiore, in realtà quello vero è quello superiore, quello inferiore, non centra niente e non è altro che l’antico foro della città (non vi è nessun legame tra le due zone).
L’intero complesso si basa su una serie di sostruzioni, ovvero strutture artificiali che in genere mettono insieme una serie di volte a botte che collegano le parti di collina, sopra le quali viene costruito un terrazzo ed esercita una azione di controspinta rispetto a quella che invece esercita la collina nel suo tentativo di crollare. Per la prima volta le tecniche costruttive ed il sistema spingente vengono messi insieme al senso di monumentalità costruttiva dell’unità architettonica, che invece sono una conquista del mondo ellenistico. Altro elemento ellenistico ha potuto constatate che il complesso rispetta un modulo, che sarebbe una figura quadrata avente un lato di 400 piedi, la cui ripetizione permette di arrivare ad una figura nella quale sta inscritto tutto il complesso ed in quanto modulo è una misura di riferimento per tutto il complesso.
Si parte con un grande muro in opera poligonale, a partire da questo muro si sviluppa un terrazzo che forse era collegato al livello della città attraverso una rampo; a questo livello inizia la vera e propria ascesa verso il santuario. In prima battuta troviamo due rampe che hanno l’asse perpendicolare a quello di simmetria, quindi sono due rampe fronteggiano e si incontrano in un’unico punto (situato sull’asse di simmetria), queste rampe danno accesso ad una prima terrazza chiamata degli emicicli, dove sono presenti due esedre in una delle quali (quella a destra) si trovava il primo luogo di culto rispetto ai quali viene ricostruito l’intero santuario (infatti qui erano presenti due culti, la dea Fortuna celebrata nella sua veste di mater (una fortuna che tutela le madri) e nella veste vittoriosa ed oracolare, il nuovo complesso unisce questi due centri di culto, il primo lo troviamo sulla terrazza degli emicicli, in quello destro si praticava quello della fortuna mater, dove si trovava un pozzo (dal quale venivano estratti gli oracoli) ed un monoptero, scavando in profondità si è scoperto che le tecniche costruttive cambiano, riscontrando un’origine più antica del santuario; per rispettare il criterio si simmetria questo elementi viene riproposto anche nell’altro emiciclo; quindi questa nuova architettura trasforma senza distruggere le architetture preesistenti.
A questo livello si colloca una scala che si attesta sull’asse di simmetria e che porta in un primo momento, alla terrazza dei fornici e delle semicolonne, il prospetto di questa terrazza si caratterizza per la presenza di una serie di aperture ad arco inquadrate dall’ordine architettonico dorico o forse ionico (anche se non è completamente organico come sarà nel tempio di Ercole vincitore a Tivoli però già c’è l’intuizione di questo partito architettonico che diventerà tipico nell’architettura romana); salendo ancora arriviamo alla terrazza della cortina che è una grande piazzale contornato da un porticus triplex a due navate, cioè con due file di colonne, una interna ed una esterna. Rispettando l’asse di simmetria troviamo il tripudio finale è una gradinata semicircolare (che si appoggia direttamente nella roccia), sormontata da un portico in suma cavea (cioè un porticato che sta in cima alla gradinata semicircolare), questa è una anticipazione assoluta di quello che sarà lo schema teatrale romano. Infine troviamo un monoptero a pianta circolare che doveva conservare la statua della Fortuna vittoriosa (anche se non si sa molto del tempio è sopratutto non si sa come si arrivasse a questo monoptero, per mancanza di resti, vennero fatti molto rilievi nel 500-600 ma molti sono in contraddizione tra di loro). I fedeli, una volta arrivati in cima al santuario, probabilmente defluivano verso la città attraverso dei percorsi laterali, senza ripercorrete la strada.
Sembra che dal punto di vista liturgico i riti della terrazza degli emicicli fosse staccata da quella del percorso di ascesa, per cui, sempre in riferimento all’architettura ellenistica, l’occhio viene ingannato dalla composizione unitaria.
Le rampe che si fronteggiano erano in parte scoperte ed in parte coperta da una volta a botte cassettonata ed inclinata, che appoggia su colonne da una parte e muro continuo dall’altra, con una conclusione tipica dell’architettura templare; la muratura era in opus incertum e volta in opus caementicium. 
Per quanto riguarda la terrazza degli emicicli con pozzo delle Sortes (ovvero frammenti che venivano portati in superficie da un bambino), questa terrazza presenta una serie di ambienti a pianta rettangolare che hanno una certa funzione e nello stesso tempo svolgono funzione strutturale, perché ciascun vano ha una colta a botte con un’asse perpendicolare alla collina, permette di non crollare alla terrazza sovrastante, queste portavano un’opus incertum, volta a botte cassettonata semicircolare; l’ordine era ionico solo nei capitelli dell’emiciclo, mentre monoptero con ordine corinzio (per dare responso alle madri).
Adesso nella posizione della porticus suma cavea c’è palazzo Barberini costruito nel 500-600. Palestrina era così ricca perché era una città di commercianti e avevano a disposizione grandi somme, si è quindi pensato che in realtà si tratti di un’opera di emergetismo, ovvero una costruzione di questo tipo era per evidenziare la propria identità o comunque era un mezzo di propaganda. Erano anche anni in cui Roma si stava espandendo e quindi erano a rischio i culti locali, quindi fare una costruzione di questo genere poteva essere un modo per conservare i riti.

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